Vanessa Olivo
Eiswein, Icewine, Vin de glace, Jégbor, Ľadové víno… tanti nomi per comunicare un tanto unico quanto raro vino, il “vino del ghiaccio”. Venerdì 22 aprile, il presidente AIS Trentino, Mariano Francesconi, ha accompagnato i presenti alla scoperta di queste diverse interpretazioni di icewine, condividendone la recente storia e toccandone i principali paesi produttori. Pare che la nascita di questi vini sia avvenuta nel 1794 in Franconia, precisamente nella città di Würzburg, quando un’inattesa gelata causò il congelamento delle uve. I viticoltori non si persero d’animo e provarono comunque a pigiarle ricavandone un mosto estremamente dolce e concentrato. La produzione degli eiswein rimase però casuale, tanto che dal 1875 al 1962 venne prodotto solo per dieci vendemmie. Grande merito per la diffusione e l’apprezzamento di questo vino spetta al dott. Hans Georg Ambrosi, conosciuto come il “padre dell’Eiswein”, che diede inizio ad alcune sperimentazioni già nel 1955 quando si trovava in Sud Africa per motivi di studio e che, al ritorno in Germania, fondò una cantina per produrlo, seguito poi da altri produttori, facendolo diventare un prodotto tipico del suo Paese, seppur le condizioni climatiche non ne garantiscano una produzione annuale. Negli anni iniziarono a produrlo anche il Canada, l’Austria, la Slovenia, l’Ungheria e l’Italia.
E’ facile capire perché non tutti possono permettersi di produrre gli Icewine. L’uva viene vendemmiata, rigorosamente a mano, nel periodo che va da metà dicembre a fine gennaio, e deve trovarsi congelata, ad una temperatura che va dai -7° ai -14°. Alla vendemmia deve seguire un’immediata pressatura per evitare innalzamenti di temperatura, tanto che molto spesso le presse si trovano all’aperto vicine ai vigneti. Fattore di grande influenza per l’ottenimento di vini dall’accattivante complessità è la durata dei valori sottozero, ovvero quante volte la temperatura scende sottozero prima di arrivare al congelamento delle uve. Riassumendo in poche parole: gli Icewine non sono per tutti, serve sì la mano sapiente dell’uomo, ma anche condizioni che la natura regala a pochi territori eletti. E quando la loro collaborazione è così sinergica, ci si può poi sedere davanti ad un calice ed apprezzarne appagati ciò che ci hanno regalato.
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