Wine Experience
Dalla redazione
venerdì 29 aprile 2016

Il baccalà secondo Dimitri

Appuntamento con le cene itineranti dedicate al baccalà organizzate da AIS Vicenza

Raffaella Zanovello


Se nella prima cena itinerante il tema del ricordo ci riportava ai piatti della tradizione, questo secondo appuntamento ci ha introdotti nel mondo della sperimentazione dove alla base si costruisce un piatto con innovazione. Dall'antipasto al dolce un continuo gioco di gusti e contrasti dove però era la delicatezza a far da padrona. Una provocazione e una continua ricerca delle mescolanze per giungere all'equilibrio dei sapori.

Nella serata di giovedì 28 aprile al Dimitri Restaurant Cafe, tutto si è svolto in un contesto di eleganza e raffinatezza, dove ogni sosta era per poter assaporare al meglio il gusto delicato di questo baccalà. Un baccalà che è diventato carpaccio nell'antipasto, si è poi ridefinito nei primi piatti e ha scolpito definitivamente la sua forma nel secondo.

A far gli onori di casa il giovane Dimitri Mattiello che ha spiegato dettagliatamente ogni piatto, dalle materie prime usate alla lavorazione, per alcuni aspetti abbastanza complicata. Ha parlato di cotture diverse, di utilizzo di frutta, aromi, verdure e spume, a dei commensali sempre più incuriositi e ammaliati dalle portate che via via arrivavano.

Se il piacere vien mangiando, anche se in origine la parola era la fame, la stessa cosa si può dire con il vino in accompagnamento. Uno studio perfetto in armonia con i piatti, né uno scalino sotto, né uno scalino sopra. Ospite d'eccezione della serata il produttore vinicolo vicentino Marco Buvoli, ormai definito un artista del pinot nero, vino elegante con le sue bollicine naturali, da viticoltura biodinamica. Tecnica ed esperienza, ma soprattutto passione e tanto amore accompagnano il lavoro di Marco Buvoli che sa ben donare emozioni sin dai primi sorsi.

In degustazione quasi tutta la linea spumantistica, quasi, perchè alcune annate ormai sono esaurite. Piccola produzione quella sua, sulle colline di Gambugliano e di Sarego per un pinot nero metodo classico dalle molteplici sfaccettature. Dalla versione pas dosè ai brut, ad assemblaggi di diverse annate. Metodo Solera e sperimentazione per raggiungere sempre più la perfezione. «Sono contento per il percorso scelto con i miei vini – interviene il produttore -. Il pinot nero per me è amore ed ossessione da sempre. Uva che mi affascina per la sua duplicità, negli spumanti mi riporta in Champagne e nei rossi nella favolosa Borgogna. La mia attività nasce nel 1997 con il primo vigneto e nel 2001 la prima vendemmia. Lavoro il metodo classico come i francesi, con le cuvée, questa scelta mi permette di miscelare annate con caratteristiche diverse. Uso lieviti indigeni, il vino deve poi parlare nel bicchiere. I nomi dei miei vini sono dei numeri e indicano appunto gli anni di permanenza sui lieviti».

La cena

Prima di tutto l'accoglienza fatta in entrata con il Metodo Classico Magnum Quattro, accompagnato da diverse stuzzicherie poi giù in sala per la cena con due antipasti sempre abbinati al Quattro. «Il baccalà non è un piatto facile – introduce Dimitri -, ma io raccolgo le sfide, anche quelle più difficili. Per estremo rispetto di questi vini ho scelto di omettere aglio e cipolla e puntare su massima delicatezza. Questo primo antipasto è un carpaccio di baccalà dissalato con insalatina di finocchi e mango, lime, olio di oliva e di mais e un ristretto di lampone e fragola. Poi il secondo è una frittellina di baccalà mantecato, alla mia maniera, la tempura ha solo farina di riso, qui è messo con del riso venere e una spuma di senape con polvere di bieta rossa».

I due primi piatti sono stati abbinati al Metodo Classico Cinque, dove acidità, freschezza e piccole note evolutive davano il giusto spazio a degli straccetti di pasta al grano con ragù di baccalà in terracotta e a un risotto con baccalà e asparagi bianchi. Questi vini continuano a migliorare col passare del tempo, stando in bottiglia e rivelando note evolutive di assoluta piacevolezza. Il vino proposto per il secondo piatto era un rosè, il Sette, dove la velatura è stata voluta. Poche ore di macerazione danno la possibilità di assimilare alcune note aromatiche. Un calice molto intrigante, è l'unica bollicina che per lavorazione fermenta in legno. Abbinamento azzeccato anche per il trancetto di baccalà dissalato in crosta di pistacchio con fonduta di patate.

L'oblio in un bicchiere, ecco cosa hanno provato tutti con la degustazione dell'ultimo vino l'Otto, un brut, abbinato al dolce. Vino superlativo sia per la storia lavorativa che racconta sia per il trasporto che ne è derivato ad ogni piccolo sorso, quasi a riportarti indietro col tempo. Questa bottiglia ormai non è più in commercio. Spumante estremo e a livelli alti di evoluzione, ben 13 anni e mezzo in bottiglia e nel bicchiere bisogna dare un po' di tempo perchè apra bene gli occhi e i profumi. Al dessert ci ha pensato Dimitri per creare un capolavoro. «Un piatto che accoglie la terra acida, la terra dolce e un ricordo di caffè, ma si parla di cacao puro al 70%. Perchè non sono così tanto convinto che il dessert debba essere dolce per forza, qua gira su sé stesso, con il salato e anche l'amaro». Il suono onomatopeico di un piatto ruvido, perchè la porosità della ceramica ricorda la lavorazione a mano della terra, è tutto collegato, è un ricordo.

Alla fine un'altra sorpresa, gentilmente Marco Buvoli ha versato l'ultimo prodotto, il Dieci e Mezzo. Nessuno sapeva cosa aspettarsi, un momento di esaltazione della propria anima che ha smosso il senso critico, la voglia di interrogarsi su cosa può esserci oltre. Del resto questa cena aveva subito assunto i connotati di una chiacchierata tra amici, ma ha anche creato tanti quesiti, tanta curiosità. Siamo pronti a questa innovazione? A queste provocazioni giocate con le evoluzioni un po' estreme. A giudicare dagli applausi e dalla soddisfazione di tutti, direi di sì.

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