Flavio Buratto
Nel magnifico anfiteatro morenico di origine glaciale di Ivrea ai piedi del Gran Paradiso, testimone della magica creatività della Natura, il pianto della ninfa Albaluce, figlia dell’amore tra il Sole e l’Alba, regalò agli uomini che la omaggiavano “tralci di vite dai dolci frutti, un’uva bianca dal nome Erbaluce”.
Così, nella serata dedicata da AIS Treviso all’Erbaluce di Caluso, Domenico Tapperlo Merlo, “autoctono” relatore Ais e produttore, in un sognante ed emozionante racconto tra magie naturali, storia, leggenda, ci ha rapito e condotto alla conoscenza e alla degustazione di una delle tante piccole eccellenze, spesso distrattamente considerate, che la nostra Italia possiede.
Tra i primi a fregiarsi della DOC, nel 1967, l’Erbaluce di Caluso ottiene la DOCG nel 2010 ed è l’unico a prevedere le 3 tipologie di vino fermo-spumante-passito.
La viticultura in loco risale ai tempi preromani, il vitigno è certamente antico, ma il primo documento che cita l’Erbaluce è del 1606, in un libro di Giovan Battista Croce. Attraverso il tempo raccoglie sempre maggior successo, ottiene la medaglia d’oro all’esposizione di Parigi nel 1855 e in altri concorsi internazionali, tanto da essere considerato il miglior vino piemontese, molto prima che il Barolo prenda il sopravvento e diventi il re dei vini di Piemonte.
L’industrializzazione del XIX secolo, che qui vide affermarsi il progetto originale e rivoluzionario di Adriano Olivetti, con un articolato sistema di servizi sociali per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei dipendenti, porta al ridimensionamento di agricoltura e viticoltura, riducendo di molto l’area vitata e all’appannamento della fama dello stesso Erbaluce.
In un ambiente microclimatico molto favorevole e mite, protetto dall’anfiteatro, ricco di numerosi laghi e anticamente occupato dal mare e terreni prevalentemente sabbiosi misti a limo e argilla, in cui abbondano sedimenti minerali provenienti dall’erosione della catena alpina, l’Erbaluce oggi occupa ca. 300 ha. di area vitata, principalmente su terreno morenico.
Il disciplinare prevede l’uso esclusivo dell’uva Erbaluce; le rese, il cui limite è di 110 q.li/ha, sono spesso molto inferiori; lo spumante va prodotto esclusivamente col metodo classico; il passito, dopo 5 mesi di appassimento nelle “passitaie”, è posto in vendita a 3 anni dalla vendemmia (4 il riserva). I vini ottenuti nelle 3 tipologie sono caratterizzati da “verticalità”, data da spinta aromatica, freschezza e sapidità, buona struttura; evidenziano inoltre un’insospettabile e spiccata capacità di evoluzione nel tempo che si esalta nei passiti, capaci di regalare emozioni uniche, anche dopo 30 o 40 anni di invecchiamento, e in grado di competere con i più blasonati al mondo.
L’evento, conclusosi con l’usuale momento conviviale, ha regalato suggestioni fatate e seducenti emozioni, “intense e persistenti”.
[Hotel Maggior Consiglio, Mercoledì 11 maggio 2016]