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Dalla redazione
lunedì 17 ottobre 2016

Storie di vino ed emozioni: il Brunello di Montalcino

Seconda serata dedicata alla Toscana per la delegazione di Verona, questa volta in un viaggio virtuale nel borgo di Montalcino accompagnati da un narratore d’eccezione: il Brunello

Enrica Girelli


Questa è la storia di un patto di fedeltà: quello tra un vitigno, il Sangiovese, e un piccolo borgo senese, Montalcino. Una fedeltà che il Sangiovese ha premiato nei secoli facendosi interprete della sua terra, declinandone le peculiarità e narrandole attraverso un vino: il Brunello, protagonista della serata organizzata da Ais Verona e condotta dalla voce esperta del delegato fiorentino Massimo Castellani.

Testimonianze di viticoltura a Montalcino si riscontrano sin dal XII secolo, ma è datato 1842 il primo documento in cui è utilizzato il termine “Brunello” ad indicare il vino rosso prodotto in queste zone, per il suo maggior carico di colore. La storia ed il successo del Brunello sono legati indissolubilmente a Clemente Biondi Santi e al nipote Ferruccio che con grande lungimiranza studiano un progetto moderno per la viticoltura, la vinificazione e la commercializzazione del vino. A fine ‘800 a Montalcino è inaugurato un prototipo di cantina sociale, guidata dai Biondi Santi ma identificata dal simbolo della città, ad evidenziare lo stretto legame tra quel vino e il suo territorio. La prima etichetta dove è ufficializzato il nome “Brunello” esce nel 1895. Nonostante ciò, quando il Legislatore affronta l’organizzazione delle Denominazioni, il Brunello viene inserito tra le sottozone del Chianti Colli Senesi. Ci vorrà qualche anno perché sia riconosciuta la sua indipendenza e unicità, valorizzata dall’istituzione, nel 1967, del Consorzio di Tutela, che conta oggi 250 soci: il 98% dell’estensione della denominazione. Il patto di fedeltà tra Montalcino e il Sangiovese si riconferma con voce unanime.

L’annata in degustazione è la 2011, l’ultima uscita dopo i 50 mesi previsti dal disciplinare: il ritratto di una vendemmia anticipata a causa dell’estate calda, che amplifica le differenze geologiche e climatiche delle zone che circondano il colle di Montalcino.

La parte occidentale è caratterizzata da terreno sassoso e argilloso, grande ausilio al mantenimento della qualità in annate stressanti. Qui troviamo il taglio stilistico di Brunelli, rustico, con un tannino dominante,  ad ipotecare buone prospettive di evoluzione. Sempre in quest’area si trova Castello del Romitori, dove il Brunello si sposa con l’arte di Sandro Chia, esponente della Post Avanguardia e ora viticoltore, con risultati interessanti.

Nella parte settentrionale il suolo sfuma nei colori e nella trama della fertile terra di Siena, e il Sangiovese interpreta un Brunello più profumato e robusto. Nei nostri bicchieri, i prodotti di Poggio Castellare e di Castiglion del Bosco, che stupisce per un tannino in perfetto equilibrio, “didascalico”, come lo definisce Castellani. Il Silvio Nardi mette invece in evidenza i tratti più caratteristici e virili del Sangiovese: i sentori ematici, di carne e di juta. Nella zona a sud-est di Montalcino i vigneti godono della protezione del Monte Amiata e dell’influenza del Tirreno. Qui producono Ugolforte e Terre Nere. Quest’ultimo il più eccentrico e disorientante della degustazione, per le sue assonanze con il pinot nero. La parte meridionale del comune è quella che più ha risentito dell’annata calda. Da qui provengono i prodotti di Poggio Salvi e Col d’Orcia, interessanti da confrontare nelle strategie di gestione della vendemmia siccitosa e di controllo della spinta alcolica, in entrambi i casi ben riuscite.

Il camaleontico Sangiovese, così diverso in nove bicchieri, stimola davvero la curiosità del degustatore e invita a una visita a Montalcino!

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