Wine Experience
Dalla redazione
sabato 4 marzo 2017

AIS Verona - Miglior Corsista II° semestre 2016

Giulio Fanton


Sabato 18 febbraio si è tenuto l’evento riservato ai primi classificati dell’esame di qualificazione a sommelier del secondo semestre 2016.
Assieme al delegato provinciale AIS di Verona, Paolo Bortolazzi, al referente per la formazione, Antimo Perretta, e alla responsabile relazioni, Franca Bertani, i cinque partecipanti hanno visitato due aziende storiche del territorio del Soave Classico: l’Azienda Agricola Gini di Monteforte d’Alpone e Ca’ Rugate di Montecchia di Crosara.

La famiglia Gini è dinastia di viticultori da oltre cinquecento anni. Sandro e Claudio, i fratelli che conducono attualmente l’azienda, nella loro attività si ispirano a un dialogo rispettoso con la natura: “la natura va assecondata e governata allo stesso tempo e ogni vendemmia richiede di essere interpretata in modo originale. Noi preferiamo lasciar parlare le uve, nostro compito è saperle ascoltare.”

Per fare meglio comprendere questo fondamento della propria attività, Sandro accompagna la piccola comitiva in località Salvarenza, dove il vigneto dà le uve dalle quali nascono i grandi vini bianchi da invecchiamento dell’azienda, capaci di un’evoluzione e di una longevità straordinarie. Sono vigne molto antiche, con un'età che va dagli 80 anni fino a superare il secolo di vita e circa un terzo di esse è a “piede franco”, non innestato. “Abbiamo scelto di preservare questi vigneti su cui hanno lavorato generazioni di viticoltori della nostra famiglia e, in continuità con essi, lavoriamo queste terre con metodi naturali. La nostra è una agricoltura biologica, rispettosa dell'ambiente e della tradizione.”

La degustazione offre ai neo-sommelier un’esperienza ricca ed esclusiva delle potenzialità di invecchiamento dei vini prodotti dalla famiglia Gini ed espressione del territorio vulcanico del Soave. Si inizia con il Gran Cuvée Brut 2008, uvaggio di pinot nero, chardonnay e garganega in parti uguali, spumantizzato secondo il metodo classico con una permanenza di settantadue mesi sui lieviti. Sorprende l’elegante florealità del bouquet nonostante la lunga permanenza sui lieviti e ammalia la sapidità del sorso, il corpo e la cremosità. Segue un confronto fra il Soave Classico 2015 e il Soave Classico 2002, confronto che apre uno spiraglio sulle potenzialità di invecchiamento di questi vini: se il primo è quanto ci si può aspettare da un Soave giovane con sentori precisi e puliti, il 2002 si presenta con un vestito oro-verde e profumi di frutti a polpa gialla maturi e tropicali. Altro confronto tra il Froscà 2014, cru di un vigneto specifico, che porge sentori minerali più intensi e un sorso teso e asciutto e lo stesso vino prodotto sedici anni prima, che sposa la mineralità all’eleganza della nocciola gentile e al ricordo di rabarbaro.

La degustazione riserva ora il piatto forte, rappresentato dal cru Salvarenza 2013 a confronto con un 2001 e con un Vecchie Vigne del 2007. Sono tutti vini che hanno meditato in botte grande e piccola, prima di un lungo sonno in bottiglia. Le cose da dire sarebbero molte, ma forse basterà annotare una finezza e un’eleganza che ti tiene incollato il naso al calice, prima di concederti un sorso liberatorio.

La visita sembra conclusa, ma Sandro riserva un’ulteriore sorpresa: un Pinot Nero, ultimo nato in famiglia, coltivato nell’alta Valpolicella, a seicento metri di altitudine. Il Campo alle More è del 2011: prevale la speziatura e ancor più il frutto, ma gli ingredienti di un grande Pinot Nero ci sono tutti e promette grandi soddisfazioni di qui a pochi anni.

Ca’ Rugate
La bella e moderna cantina porta il nome di quella da cui l’avventura vitivinicola della famiglia Tessari è partita una sessantina di anni fa sulla collina delle Rugate, nel territorio di Brognoligo. Il culto di “Fulvio beo” (Fulvio bello), fondatore dell’azienda agricola, è un viatico che torna e ritorna nella narrazione di Michele Tessari, nipote del “grande vecchio”. Viatico e testamento. Prima di tutto l’amore per la terra e per il lavoro in vigna: “l’uva, serve l’uva buona, la garganega migliore” per fare il vino buono.

Lo spirito imprenditoriale: Fulvio fu tra gli entusiasti della cooperazione, ma non ebbe neppure esitazioni a staccarsene per tentare l’avventura della propria vinificazione con gli incerti che comportava: “tutto d’un colpo non puoi fare le cose e allora andavo a farmi insegnare e spiegare da chi ne sapeva più di me”. Il culto di Michele per il nonno, tuttavia, non è nostalgico né seduto all’ombra delle intuizioni di chi l’ha preceduto. Eccolo dunque piantare nuovi vigneti e studiare un nuovo vino: Studio, appunto. “Studio è il nome di un vino ma è anche lo studio di un vino. Uno studio fatto di ricerca e sperimentazione attorno a due varietà di uve tipiche del territorio del Soave: il trebbiano di Soave, e la garganega. Uno studio iniziato diversi anni fa, che ha condotto Ca’ Rugate verso una rilettura e reinterpretazione di questi due vitigni autoctoni. Studio è il nostro vino igt frutto di un uvaggio che comprende il 60% di trebbiano di Soave e il 40% di garganega, in parte affinato in botti di rovere francese dall’originale capacità di 680 lt, utilizzate spesso dalle più importanti cantine di Borgogna. Anche questo vuol dire sperimentare.”

È il momento della degustazione. San Michele 2016, Soave Classico fresco e fragrante, ancora un po’ in contropelo perché imbottigliato da due giorni. Monte Fiorentine 2015, Soave Classico da garganega in purezza di vigne di sessant’anni: tappeto di pompelmo rosa cosparso di fiori bianchi al naso e sapidità ingentilita dal frutto al sorso. Al Monte Alto 2014 la permanenza in botte per dodici mesi dona complessità e sfumature silvestri e mentolate. Lo Studio, annata 2013, è un assemblaggio di trebbiano lievemente dominante sulla garganega. L’affinamento è misto: 50% legno e 50% acciaio. Il risultato è un vino elegante, internazionale, in cui si mescolano gli aromi caldi e speziati ceduti dal legno e la freddezza salina della turbiana.

La giornata è conclusa. Ai neo-sommelier restano due grandi lezioni parallele e per tanti versi fra loro incrociate, sulla capacità di trasformarsi del vino, di cambiare ed evolvere pur essendo lo stesso, di irradiare uno stile e un carattere che modella l’incontro con colui che lo beve.

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