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Dalla redazione
martedì 14 marzo 2017

IL RABOSO: DA VINO A ENOLITO, IL VINO MEDICALE

La degustazione in anteprima di Mirris, il vino della salute

Federico Cocchetto


Capita a volte che le alchimie di un tempo siano oggetto di curiosità scientifica e di ipotesi per far conoscere al pubblico prodotti rappresentativi di un connubio ancestrale.

Capita anche che il frutto di mesi di lavoro, di prove e controprove, venga proposto in anteprima durante il simposio di uno tra i più grandi club mondiali, il Rotary, in una location suggestiva, Castelbrando a Cison di Valmarino, al quale  AIS Treviso ha avuto l’onore di essere invitata.

Queste le premesse che lo scorso 22 febbraio hanno consentito a Luigi Peruzzetto, titolare dell’azienda Casa Roma, e all’erborista Mauro Hartsarich, uno dei massimi esperti di storia dell’erboristeria, di illustrare fin dagli albori l’excursus nell’utilizzo di piante ed erbe officinali, in particolare l’estrazione delle loro proprietà utilizzando un elemento principe: il vino.

È stato spiegato che storicamente, dai primordi dell’ “uomo della medicina”, passando per gli studi di ecclesiastici (frati, monaci), degli speziali, dei farmacisti, dei medici erboristi, gli infusi e i decotti, ma più in generale tutte le estrazioni di proprietà medicali dalle piante, erano fatte non con l’acqua, ma con il vino, in particolare il rosso.

Nondimeno è stata citata anche l’antica tradizione nella zona del Piave, con epicentro San Polo, in cui il Raboso veniva utilizzato da erboristi per diventare medicale, cioè un enolito. Enoliti sono quindi medicinali a base vinosa ottenuti con macerazione o solubilizzazione di erbe e piante officinali. In buona sostanza, raccontava Hartsarich, il vino è in grado di veicolare molto bene le proprietà nutraceutiche delle piante e delle erbe.

I mesi di prove hanno fatto sì che il Raboso passito Callarghe 2009 di Casa Roma, risultasse il più indicato per integrare armoniosamente tali proprietà. Va precisato inoltre che l’estrazione è stata ottenuta da macerazioni separate di rosa di Damasco, viola odorata, fiori e scorze d’arancia, rabarbaro, zafferano, china, tanto per citarne alcune.

La degustazione:         MIRRIS – il vino della salute – 17,0°

servito in balloon, è consigliato venga riscaldato con la mano come un cognac, “on l’humanise” per usare lo stesso concetto francese, che permette un’ottimale fuoriuscita degli aromi. E così è stato: nel giro di 15-20 minuti ci si è trovati a degustare almeno quattro diversi vini. Nel bicchiere colpisce la tonalità di rosso, che in gioielleria sarebbe definito “rubino sangue di piccione”.  È impenetrabile, molto fitto, alla rotazione lascia un film ematico nelle pareti del bicchiere, rivelandosi denso e consistente. Alla prima olfazione, risulta molto intenso: è subito un’esplosione di aromi e profumi, anche balsamici, che ricordano davvero il laboratorio di uno speziale. Su tutti fa da apripista il rabarbaro. Seguono poi viola mammola, rosa secca, china, arancio candito, noce moscata, una punta di zafferano, note iodate, ristretto di succo di duroni, boisè e leggero affumicato. L’entrata in bocca è sorprendente, disorienta i sensi per gli aromi cui non siamo abituati: dolce, caldo senza che traspaiano i 17°, con morbidezze contenute da un mix di sapori salati e leggermente piccanti. La freschezza, seppur presente, è messa un po' in disparte dall’alternanza quasi salina. I tannini in sottofondo rivelano una presenza non doma. Dopo l’ultimo sorso, la sorpresa finale ci è stata regalata dal bicchiere vuoto da cui, senza bisogno di avvicinarlo al naso, era nettamente rilevabile un quanto mai suggestivo profumo di rosa.

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