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Dalla redazione
venerdì 28 aprile 2017

Lison Classico, espressione di longevità

La delegazione di Venezia in visita da Borgo Stajnbech per una verticale di Lison Classico

Pietro Polato


Il friulano, meglio conosciuto come tocai, si potrebbe definire il vitigno delle controversie, racchiudendone una di natura ampelografica e una di natura legislativa. La prima è legata alla confusione nata dalla somiglianza del nome con il Tokaji, vino prodotto in Ungheria da uve furmint; infatti, come dimostrato da approfonditi studi durati quasi un secolo si è potuto constatare, tramite comparazioni morfologiche e isoenzimatiche, che il friulano, detto anche tai bianco o Lison, altro non è che il sauvignonasse vert francese, vitigno che in patria godeva di pessima reputazione e soffriva della concorrenza del sauvignon. L’altra disputa, di tipo legale, è stata con l’Ungheria proprio per la similitudine tocai-tokaji al cui termine l’Unione Europea ha sancito che, dal 2007, non si può più indicare il vitigno friulano con il suo storico nome.

Al di là dei dibattiti ruotati attorno al friulano, la coltivazione di questo vitigno è ampiamente diffusa nel Nord-Est d’Italia dove la DOCG Lison Pramaggiore ne ha fatto il suo portabandiera.

Una delle aziende più rappresentative che ha fermamente creduto nella potenzialità di questo vitigno e nelle potenzialità del territorio è Borgo Stajnbech. Qualcuno si chiederà il perché di questo nome non prettamente ed idiomaticamente italiano. Presto detto: Stajnbech deriva dal toponimo Stagnibech, usato nel XVII secolo per identificare la zona e significava “ruscello delle pietre”. E proprio per onorare l’impegno della famiglia Valent, la delegazione di Venezia si è recata in visita il giorno 24 marzo per una “verticale” di Lison Classico delle annate comprese nell’arco temporale che va dal 2009 al 2016.

Dopo la calorosa accoglienza del Signor Giuliano Valent, la moglie Adriana e la figlia laureanda-enologa Rebecca, e una dettagliata descrizione delle caratteristiche colturali ed organolettiche del Lison, si è passati alla degustazione vera e propria, partendo come da protocollo dall’annata più recente, la 2015. Colore a raccontare la sua gioventù, paglierino con riflessi verdolini, al naso profumo di glicine e leggera nota mielata. Sorso pieno, slanciato, persistente, caldo a segnare il meteo di un’estate favorevole.

A scalare di un anno il Lison 2014. Colore più intenso, leggeri riflessi dorati, carica cromatica maggiore. Al naso frutta in evoluzione con ricordi di marmellata e canditi, al palato spessore e volume. Vino da gustare e raccontare soprattutto nel finale con sentori gradevoli di mandorla e mallo di noce. Sentori legati anche all’uso di lieviti selezionati specifici per il Lison.

Terzo vino Lison 2013. Annata segnata da andamento stagionale caldo che ha donato al vino un’accentuata gradazione. Ricordi di the, camomilla, sentori vegetali e frutta matura esotica, al sorso grande equilibrio e lunghezza da vendere. Intensità e piacere al palato uniche.

Lison 2012, anche questo è frutto di una bella annata. Passaggio solo in acciaio, il colore si fa più carico tendente all’oro grazie ai suoi 4 anni. I profumi spaziano dalle note agrumate al bergamotto, fino ad arrivare al mondo dei terziari con sensazioni quasi iodate. Vino morbido, avvolgente, si percepisce una leggera nota tannica con tutta una serie di microsensazioni regalate dal passare del tempo.

Con il Lison 2011 si entra nel primo anno della DOCG. Colore oro antico, al naso note speziate, anice stellato, zenzero, agrume candito, profumi di evoluzione che sconfinano in una nota torbata. Sorso pieno ed elegante, con un piacevole finale di confetto e note ammandorlate.

Il Lison 2010 fa sfoggio di sfumature oro antico, con sentori che spaziano tra frutta secca e candita, pesca sciroppata, nota vegetale e mallo di noce. Il palato è suadente, di grande persistenza. Il finale è asciutto con un retrogusto leggermente amaricante.

La sfida contro il tempo arriva con l’annata 2009. Ancora grande vivacità nel colore, eleganza gusto-olfattiva acquisita con l’evoluzione. Stupisce l’integrità dei profumi e sapori di un vino non concepito per durare così a lungo. Cedro candito, albicocca disidratata, fiori di melissa, mandorla bianca e speziatura dolce. Il palato è ancora vivace, sorprende per freschezza e lunghezza gustativa. Frutto del suo tempo, capace ancora di regalare emozioni.

Comune denominatore di questi vini è la perfetta tenuta del colore nel tempo e la grande persistenza gustativa, nonostante il Lison Classico non sia un vino di grande acidità ma di possente estratto per la sua tipologia.

Finale a sorpresa con il Lison 2016 direttamente dal tino termocontrollato in quanto ancora soggetto a stabilizzazione tartarica; le sue nuance verdoline raccontano di gioventù e freschezze che esprimono appieno la tipicità e la potenzialità del vitigno e del territorio.

Ancora una volta la Terra dei Dogi ha saputo raccontare storie, culture e tradizioni legate a un territorio che continua a stupire.

 

[foto di Bruno Bellato]

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