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Dalla redazione
mercoledì 5 dicembre 2018

Visita alla cantina Balestri Valda

AIS VICENZA-sabato 24 novembre 2018

Rosanna Frigo


È una mattinata tipica autunnale, quella in cui ci diamo appuntamento alla cantina Balestri Valda di Soave.

Laura Rizzotto, figlia del fondatore dell’azienda, ci accoglie e fa gli onori di casa. Ci raggruppiamo tutti nel cortile: lo sguardo va all’orizzonte, giù di fronte nello sfondo a valle, ed incontra subito Soave, leggermente avvolta nella foschia.

Siamo nel territorio della omonima DOC, zona compresa nella parte orientale delle colline della provincia di Verona. Come da disciplinare, ai comuni di Soave e Monteforte d’Alpone è riservato l’uso della specificazione Soave “Classico”.

Qui il vitigno principe è la garganega, che affonda le sue radici nel terreno tufaceo, donandoci straordinari ed intensi vini bianchi.

Laura inizia raccontandoci la storia della sua famiglia e dell’attività intrapresa, coinvolgendoci fin dalle prime battute. Il padre Guido Rizzotto, enologo, ha fondato e portato l’attività ai giorni nostri. Ha frequentato la scuola di Conegliano, ed è ben conosciuto anche come spumantista, affiancato ora dal figlio Luca.

Ha portato infatti qui a Soave, nella zona Ovest del Veneto, la tecnica della spumantizzazione in autoclave. Da qui è nata la sfida di ottenere la certificazione Bio per gli spumanti, oggi pienamente raggiunta ed unica per il Nord Italia.

Fino al 2005 dunque la conduzione del vigneto è di tipo convenzionale, ma sono gli ultimi 5 anni che danno la svolta, quando la famiglia decide di intraprendere la via del biologico, con spunti presi dalla biodinamica.

Qui in collina la scelta è ben agevolata dalle condizioni climatiche che aiutano ad ottenere uve sane. Sono utilizzati dosaggi di rame e zolfo ben più bassi dei limiti previsti.

Laura pensa che la natura, se in equilibrio, è portata a proteggersi in modo autonomo; per farlo, però, ha bisogno di biodiversità, e quindi la monocoltura non è indicata, in quanto tende ad ammalare le piante.

Facilitati dai 5 ha di bosco e di terreno, si dà vita ad un uliveto, ad un frutteto con varietà antiche per dare risalto a frutti allo stato selvatico: piccole mele di un tempo, pere, nespole, melograni, giuggiole,… un frutteto che ogni anno cresce e si sviluppa in armonia.

Ad uniformare il quadro, come “ciliegina sulla torta”, sono le api e il loro arrivo. Nonostante l’idea iniziale non incontrasse opinioni favorevoli, visto il territorio nei dintorni trattato con sostanze chimiche, si decide infatti di procedere ugualmente creando un habitat il più propizio possibile per attirare e mantenere le api nel terreno di proprietà. Si piantano tanti fiori, si praticano sovesci nel vigneto che servono a fornire loro il cibo. Le api quindi trovando vicino casa il necessario alla sopravvivenza, non escono nei luoghi oltre i confini e non si ammalano.

Il concetto di fondo che ne scaturisce è che il miele diventa un prodotto di terroir, come il vino.

Le api sono degli insetti speciali, riconoscono l’apicoltore, percepiscono gli stati d’animo, sono molto sensibili alle scelte ambientali poste dall’uomo, e impongono quindi di partire dal rispetto per la natura in primis: la condizione necessaria per la loro sopravvivenza.

Gli alveari attualmente presenti sono 30, e sono una passione ed un “hobby impegnativo”, come ci dice Laura.

Questa, per lei, è la visione di insieme di quello che dovrebbe essere il cammino verso il futuro, di ciò che le nuove generazioni dovrebbero fare per proseguire nel lavoro in natura, come ragionevole continuazione delle scelte fatte dalle generazioni precedenti, che a quel tempo erano le migliori.

Qui in collina sui 300 mt la forma di allevamento impiegata è il Guyot, che si presta perfettamente a questo approccio di rispetto, perché consente grande circolazione d’aria e pochi ristagni.

Produce meno di una Pergola Veronese, ma consente potature corte e produzioni non troppo cariche in quantità, perseguendo la qualità.

Le scelte del biologico e della biodiversità sono le vie maestre adottate. Si lavora in condivisione con la natura, e - ci dice Laura - può anche succedere di doversi accontentare di rese più basse. Ma è una scelta aziendale e una strada di rispetto per l’ambiente per gli anni a venire.
Altra decisione adottata è stata quella di allevare solo vitigni autoctoni: la garganega, per la freschezza e acidità, e il trebbiano di Soave, quasi scomparso, per la struttura e morbidezza.

Non sono presenti internazionali o altre varietà a bacca bianca consentite da disciplinare.

La visita poi è proseguita all’interno della cantina, passando per i locali di vinificazione e la barricaia.

AIS Vicenza ha lasciato a Laura e all’azienda Balestri Valda massima libertà di espressione nella proposta dei vini in degustazione.

Ecco la progressione da loro consigliata ed insieme assaggiata:

  • Soave Classico 2017 - 100% Garganega
  • Libertate 2017 - 100% Trebbiano di Soave
  • Soave Classico Vigneto Sengialta 2015 - 70% Garganega, 30% Trebbiano Soave
  • Soave Classico 2012
  • Recioto di Soave Spumante 2015 D.O.C.G. - 100% Garganega

 

Ringraziamo l’azienda Balestri Valda e Laura Rizzotto per l’accoglienza, Paola Bonomi, nostro delegato di Vicenza, i colleghi Sommelier, gli aspiranti Sommelier e gli appassionati presenti per la splendida mattinata trascorsa.

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