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Vinitaly 2025: Tour tra le Gemme d'Italia

Parte I: Dal nord al centro penisola

Michela Aru e Gaia Castellani

 

Ci sono viaggi che non si fanno con la valigia, ma con un calice. Un esempio è questa traversata dal nord al sud Italia sulle tracce del terroir, seguendo le vene nascoste del suolo e del clima che nutrono i più grandi vini. Il primo passo è stato selezionare alcune Gemme della guida Vitae 2025, una per ciascuna regione italiana; il secondo è stato lasciare che fossero loro a indicare l’itinerario. Nell’ ultimo episodio, poco prima del “uscimmo a riveder le stelle”, è arrivata la consapevolezza che, pur avendo di fatto esplorato valli, colline e coste, non ci si è mai mossi da Veronafiere.

Dal 6 al 9 aprile 2025, Vinitaly ha compiuto nuovamente la propria magia di riprodurre l’intero paesaggio enologico italiano in “soli” centomila metri quadri e di metterlo poi a disposizione di tutti. Ecco dunque l’esperienza di un’Italia di gemme enologiche catturata sorso dopo sorso tra gli stand di Vinitaly 2025.

Valle d’Aosta

Chambave Muscat Flétri Prieuré, 2022 – La Crotta di Vegneron

Il viaggio parte dalle altezze della Valle d’Aosta, un fazzoletto alpino dove il tempo rallenta e la viticoltura è un atto eroico. A Chambave, la parte più a ovest della Valle Centrale, il Muscat Flétri Prieuré della cooperativa La Crotta di Vegneron è un vino passito da uve muscat petit grain in purezza raccolte tardivamente, lasciate appassire con pazienza. Le viti crescono tra i 400 e i 650 metri sul livello del mare, su suoli sabbiosi e morenici che donano al vino aromi straordinariamente puri e freschi: note di albicocca disidratata, miele di rododendro e spezie di montagna raccontano il silenzio, la luce e la fierezza dei pendii valdostani.

Piemonte

Colli Tortonesi Timorasso Cavallina, 2022 – Claudio Mariotto

Scendendo verso sud-est si arriva sulle prime colline alle spalle di Tortona, dove il timorasso è rinato come una fenice dalle proprie ceneri. Claudio Mariotto è tra i custodi di questo vitigno che ama il tempo e le annate un po’ siccitose come il 2022. Il vigneto Cavallina, con viti di 21 anni, cresce su terra bianca, marne calcaree e argille compatte che danno struttura piena ma non massiccia, una profonda eleganza e una spinta minerale persistente. Le sue note di pietra calda, erbe officinali e cedro raccontano un Piemonte meno noto ma straordinariamente espressivo, dove il terroir scolpisce ogni sorso e l’apertura alla modernità si fonde con la storia.

Lombardia

Franciacorta Pas Dosé Rosé Parosé 2018 – Mosnel

Attraversando il Po si approda sulle colline moreniche della Franciacorta, dove nasce un vino che gioca con le definizioni e le aspettative: il Parosé di Mosnel. Già il nome è una dichiarazione d’intenti, un gioco di parole che unisce “Pas Dosé” e “Rosé”, ma che strizza l’occhio al fatto che questo vino, con il suo color fiore di pesco molto tenue e luminoso, è quasi un non-rosé. Il pinot nero e lo chardonnay da cui nasce affondano le radici in suoli ricchi di ciottoli e sabbie, la cui impronta si ritrova nel vino sotto forma di profumi eleganti e sottili, palato vivido e deciso e una generale raffinatezza, più scolpita che sfumata.

Veneto

Amarone della Valpolicella Classico La Mattonara Riserva, 2011 – Zýmē

Alcuni scorci della Valpolicella Classica ricordano ancora l’eco della cava di pietra arenaria utilizzata per produrre mattoni. Uno di questi è  “La Mattonara”, località dove sorge proprio la cantina di vinificazione. Quest'ultimo nasce dalle vecchie viti di Celestino Gaspari in località Grola presso il comune di S. Ambrogio di Valpolicella e ottiene appunto un Amarone con corvina, corvinone, rondinella e una piccola percentuale di oseleta e croatina. Dopo tre mesi di appassimento naturale, le uve fermentano lentamente in vasche di cemento e passano poi fino a nove anni in legno e il decimo rimane in bottiglia. La Riserva 2011 è un racconto di intensità e profondità: spezie scure, tabacco dolce e frutti macerati si inseguono in un vino che è insieme ombra e luce, elegia di un’annata importante, riflesso fedele del terroir.

Trentino-Alto Adige

Alto Adige Chardonnay Kreuzweg Family Reserve, 2020 – Castelfeder

A Margreid, lungo la Strada del Vino, il cru Kreuzweg è un angolo di eleganza sospesa tra le Dolomiti e il fiume Adige, dove lo Chardonnay trova un equilibrio raro. Il suolo è una ghiaia calcarea che la montagna ha lasciato scivolare verso valle e che oggi dona al vino una tensione minerale pulsante. Le uve, selezionate da vigne fino a 25 anni, maturano lentamente sotto il sole e fermentano spontaneamente in barrique, sviluppando spessore e profondità. Il naso è un ventaglio di frutta matura, pietra focaia e nocciola, mentre il sorso ha la spinta verticale delle Alpi e la rotondità delle giornate assolate: un vino che racconta il senso dell’altitudine e l’accoglienza del legno.

Friuli-Venezia Giulia

Collio Friulano Villa de Randis, 2018 – Muzic

Tra le morbide colline di San Floriano del Collio, dove i vigneti di friulano sfiorano il confine e i venti balcanici si mescolano all’aria del mare, nasce “Villa de Randis” della cantina Muzic. Qui, una selezione di vecchie viti - alcune oltre i sessant’anni - affonda le radici in marne e arenarie stratificate, un suolo friabile che il tempo sbriciola lentamente, regalando al vino una mineralità finissima, quasi salina. Dopo una notte di macerazione a freddo, il mosto fermenta in acciaio e affina sulle fecce fini, affinando poi non meno di cinque anni in bottiglia. Note di fieno secco, erbe aromatiche e mandorla dolce raccontano il carattere sobrio e insieme luminoso del Collio.

Liguria

Riviera Ligure di Ponente Pigato Grand-Père, 2022 – Bio Vio

La viticoltura ligure è una questione di tenacia. Si arrampica dove può, in piccoli appezzamenti tra pietra, vento e mare, rubando spazio alla macchia e ai muretti a secco. Il Pigato Grand-Père di Bio Vio - biologica fin dal lontano 1989 - è la narrazione liquida di questa geografia. Le sue uve sono coltivate in vigneti distinti. Una parte a circa 50 metri sul livello del mare, dove i suoli argillosi e ferruginosi, uniti alla vicinanza alla costa, donano struttura, materia e una spiccata sapidità. L’altra parte intorno ai 300 metri di altitudine, dove il clima è più fresco e l’escursione termica più marcata: qui si sviluppano finezza, freschezza e acidità. Il Grand-Père diventa così la somma armonica di tutte queste anime, proprio come la Liguria, terra fatta di contrasti e sfumature.

Toscana

Vernaccia di San Gimignano L’Albereta Riserva, 2021 – Il Colombaio di Santa Chiara

Toscana. Più precisamente, la cosiddetta Manhattan del Medioevo: San Gimignano. Come e ancor più delle torri e del centro storico, il suolo di questa zona racconta una storia antica, che risale al Pliocene. Il vigneto dell’Albereta cresce su sabbia, argilla e fossili marini, elementi che donano a questa Vernaccia di San Gimignano sapidità e freschezza. Colpisce l’elegante classicità, la riconoscibile tipicità della vernaccia: racconta Alessio Logi, a Vinitaly per rappresentare l’azienda di famiglia, che l’obiettivo è produrre una Vernaccia di San Gimignano pura, schietta e capace di sfidare il tempo. Come i toscani.

Emilia Romagna

Romagna Albana Secco Codronchio, 2022 – Fattoria Monticino Rosso

Risalendo un po’ e procedendo verso est, fino alle colline di Imola, Emilia e Romagna si passano il testimone. L’aria più mite per l’influsso dell’Adriatico, i vigneti allevati a pergola romagnola e i filari di albana sono di casa. Un po’ meno comune, invece, è trovare un vino secco prodotto con uve attaccate da muffa nobile come succede nel podere Monticino Rosso. Le potenzialità dell’albana si esprimono al meglio in questi terreni di marne calcaree e argillose che garantiscono concentrazione aromatica e sapidità. La botrytis aggiunge complessità, profondità e un tocco glicerico.

Marche

Serrapetrona Robbione, 2017 – Terre di Serrapetrona

Il percorso continua sui rilievi dei Monti Sibillini, a Serrapetrona, patria di un vitigno raro e prezioso: la vernaccia nera. Famosa per la versione frizzante a tripla fermentazione, nel Serrapetrona Robbione di Stefano Graidi dà invece un rosso per almeno il 60% da uve passite di grande raffinatezza e persistenza. È un vino che riflette il carattere del territorio in cui nasce: il connubio tra suolo - di matrice argillosa e calcarea - e microclima - caratterizzato da importanti escursioni termiche - ha un ruolo fondamentale nel definirne la finezza aromatica, la vellutata tannicità e la vivace freschezza.

Nei prossimi giorni seguirà la pubblicazione di Vinitaly 2025: Tour tra le gemme d'Italia. Parte II: Il sud e le isole.

Pubblicato: 14 aprile 2025
Provincia: Verona
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