Vino sotto accusa: gli avvertimenti in etichetta e le sfide del diritto vitivinicolo
Le nuove proposte normative che equiparano il vino alle sigarette scuotono il mondo del vino e pongono interrogativi giuridici e culturali.
Negli ultimi mesi, il settore vitivinicolo è stato travolto da una questione che rischia di cambiare profondamente il rapporto tra produttori, consumatori e legislatori: l’ipotesi di introdurre sulle bottiglie di vino avvertenze sanitarie simili a quelle presenti sui pacchetti di sigarette. Una prospettiva che, oltre a suscitare forti reazioni da parte di produttori e appassionati, solleva anche questioni complesse di diritto vitivinicolo.
Al centro del dibattito vi è la volontà, espressa da alcuni organismi internazionali e governativi, di trattare il consumo di vino in modo analogo a quello del tabacco, imponendo etichette che avvertano dei rischi per la salute legati all’assunzione di alcol. In particolare si discute sull’obbligo di riportare diciture del tipo: “Il consumo di alcol può nuocere gravemente alla salute”, oppure immagini scioccanti, nel tentativo di dissuadere all’acquisto.
Il mondo del vino, che da secoli incarna cultura, tradizione e convivialità, ha reagito con preoccupazione. Associazioni di categoria, produttori, consorzi di tutela e persino alcuni esponenti politici hanno espresso il timore che una tale equiparazione svilisca l’identità del vino, riducendolo a semplice “bevanda alcolica” senza considerare il suo valore storico, culturale ed economico.
Dal punto di vista giuridico, l’eventuale imposizione di avvertenze simili a quelle del tabacco inciderebbe sulle norme consolidate che regolano l’etichettatura, la commercializzazione e la valorizzazione del vino. Il diritto dell’Unione Europea già disciplina in modo rigoroso l’etichettatura dei prodotti vitivinicoli (Regolamento UE 1308/2013 e s.m.i.), imponendo obblighi di trasparenza, ma anche la tutela delle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e delle Indicazioni Geografiche Protette (IGP).
Un intervento normativo così incisivo dovrebbe rispettare il principio di proporzionalità, pilastro del diritto europeo: le misure adottate devono essere adeguate, necessarie e non eccessive rispetto all’obiettivo perseguito (la tutela della salute pubblica).
In Italia il vino è riconosciuto dalla Legge 238/2016 (“Testo unico del vino”) come patrimonio culturale e agricolo. All’art. 1 si legge, infatti, che la Repubblica ne riconosce il valore identitario, storico e territoriale. Immaginare di paragonarlo al tabacco risulta dunque una semplificazione inaccettabile e giuridicamente discutibile. L’introduzione di etichette dissuasive comporterebbe una serie di ricadute rilevanti quali danni d’immagine per i vini di qualità e per l’intero comparto, nonché, perdita di competitività nei mercati internazionali, specie per i piccoli produttori.
Concludendo, il dibattito sull’etichettatura sanitaria del vino non si limita a una questione di marketing o salute pubblica, coinvolge il significato profondo del vino come espressione di un’identità agricola, culturale ed economica. In un momento storico in cui il consumatore è sempre più consapevole e informato, la vera sfida potrebbe non essere quella di demonizzare il prodotto ma, di educare al consumo consapevole, valorizzando la qualità, la provenienza e la responsabilità sociale che ruotano attorno a ogni bottiglia.