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Dalla redazione
martedì 2 dicembre 2014

Quando lo chardonnay fa sognare

Dal vulcanico Roberto Gardini le multiformi espressioni del celebre vitigno internazionale

Raffaella Zanovello


Vitigno, territorio, storia, un concatenarsi di informazioni offerte da un maestro della comunicazione. Roberto Gardini ha presentato la degustazione organizzata da AIS Vicenza, venerdì 28 novembre al ristorante “Lo Storione”. Completo e vivace, ha fornito una panoramica generale del protagonista della serata, per poi addentrarsi in una precisa e calibrata spiegazione durante la parte degustativa.

Attenti, curiosi e poi piacevolmente soddisfatti i partecipanti. Tutto esaurito da tempo, più di 60 gli intervenuti e molti in lista d'attesa che purtroppo hanno dovuto rinunciare. Motivo? Chardonnay importanti e Roberto Gardini. Dunque un binomio di sicuro successo, per una serata che verrà ricordata a lungo.
Gardini parte dalla Francia il suo viaggio e poi spazia in tutti i luoghi del mondo dove si coltiva questo vitigno, i metodi di allevamento, le vendemmie, la vinificazione, l'uso del legno e degli affinamenti e poi i risultati, diversi, per ogni zona. Impossibile fare dei confronti, ognuno ha una identità propria, espressione del territorio, del clima e del lavoro fatto dall'uomo. Grande proprietà descrittiva e dialettica concorrono nelle spiegazioni di Gardini. «Nello Chablis ci troviamo sulla collinetta degli 8 grand cru, esposizione sud-ovest, grande mineralità e acidità. Vini che si evolvono in 15-20 anni, berli da giovani è quasi una sofferenza. Un po' più a sud si fa un viaggio nel mondo burroso, strutturato ed evolutivo. E' il mondo della Borgogna». Buona e sapiente la spiegazione delle zone e dei terreni e delle varie possibilità di espressione di un vitigno importante come lo chardonnay. Un percorso che invoglia a prendere la macchina e partire con la speranza di poter fare più di qualche assaggio. Un po' più difficile con la macchina è invece il viaggio che fa fare Gardini, oltre oceano, in California, dove due sono le zone importanti per lo Chardonnay: Napa Valley e Sonoma Valley. Viene da chiedersi il perchè e Gardini spiega che il pioniere fu Robert Mondavi che voleva seguire il modello francese. Nel suo pellegrinaggio di studi in Francia, Mondavi ha poi trovato la sua strada. Lo chardonnay californiano ha una somiglianza, ma gli americani amano il legno, i vini tostati con quella nota di burro di arachidi. Il relatore torna in patria dove troviamo grandi caratteri, grandi lavorazioni e scelte diversificate, tra Alto Adige e Abruzzo.

La degustazione

Gardini parte subito, avventuroso e preparato, nel viaggio di conoscenza del primo vino. Siamo in Francia per i 3 primi vini, in Borgogna: Domaine Droin - Chablis Grand Cru - Les Clos 2012. «E' un 2012, un bimbo, bisogna capire come evolverà. Bel colore oro verde, di lucentezza e luminosità. Lacrimazione lenta, precisa e copiosa. Al naso, sembra ancora un po' chiuso, ma si percepisce eleganza, mineralità accesa, a tratti gessata. E' il territorio. Ecco la nota di burro, con chiusura vegetale e salina». Il primo vino sorprende, ma è di sicuro il secondo che attrae il pubblico, prima per il nome che porta, poi per la curiosità nel poterlo finalmente assaggiare: Marc Morey - Puligny Montrachet - Le Referts - Premier Cru 2012. «Potenza, suadenza, impostazione. Vino di grande spessore. Subito al naso con burro e un frutto esotico. Spiccate note di crema pasticcera, grande precisione dei profumi, anche una nota di cera d'api appena abbozzata. Un trionfo al gusto e poi nel lascito finale».

Siamo sempre in Borgogna: Verget - Meursault Grande Elevage 2011. «Grande limpidezza. Grande densità dovuta alla carica estrattiva. Al naso, eccolo, è lui! Sentiamo più tostatura, più burro, più nota di fungo champignon. In bocca avvertiamo delle belle nuance tostate, si sente il legno, è impostato bene sulla morbidezza ed è fatto per durare». Ed ecco la Napa Valley, il territorio che suscita curiosità, quel nome così blasonato, di personaggio che lo si immagina pioniere in terra sconosciuta: Robert Mondavi Winery - Chardonnay 2012. «Colore di grande pienezza, grande consistenza, esotico da morire! Una gran macedonia di frutta! Un volo dentro alla vaniglia. Gusto costruito per piacere, estremamente morbido, perde in lunghezza». Il ritorno in patria è curioso, già si conosce come viene lavorato lo Chardonnay in Alto Adige, qui la quinta bottiglia: Tiefenbrunner - Alto Adige Chardonnay Linticlarus 2011. «Mi ha colpito subito la nota di yogurt incredibile! La traccia esotica viene fuori tutta, con banana e pesca, si percepisce la nocciolina. In bocca è "strong", grande acidità mitigata a sapidità, già in fase di equilibrio. Avvolgente ma la nota alcolica è preponderante». Per ultimo si scivola in Abruzzo con vini la cui evoluzione si protrae nel tempo. Grande scoperta per alcuni, per altri riconferma di un nome di prestigio: Masciarelli - Marina Cvetic - Chardonnay 2010. "Fuochi d'artificio dell'ultimo dell'anno", qualcuno si esprime così appena mette il naso nel bicchiere e prima che Roberto Gardini esprima la sua considerazione. «Oro verde vivace, fa notare la sua densità nel calice. Frutto esotico, una tostatura più da liquirizia, a tratti note vanigliate. Un bel gusto di tabacco da pipa».

La serata si è conclusa con la ricerca dell'abbinamento perfetto o più curioso, mediante un piatto di risotto ai frutti di mare e qualche goccio di Chardonnay spremuto da bottiglie ormai vuote.

 

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