Wine Experience
Dalla redazione
giovedì 6 aprile 2017

Piemonte, antica terra vocata alla viticoltura

Viaggio studio della Delegazione di Verona alla scoperta di alcuni storici vitigni piemontesi.

Stefania Fiorini


A fine di febbraio un gruppo di Sommelier AIS del Veneto, accompagnati dall’entusiasta organizzatrice Franca Bertani e il Delegato di Verona Paolo Bortolazzi, hanno cercato di compiere una missione, certo non facile, ma di grande impatto emotivo: scoprire tre vitigni come nebbiolo, nascetta e erbaluce nel loro territorio. Si è trattato solo di un piccolo assaggio, ma sicuramente tutti i partecipanti hanno colto quella magia che rende il Piemonte così importante nel patrimonio vitivinicolo italiano. Prima tappa la zona del Barolo che con i suoi 11 Comuni e le sue 181 Menzioni Geografiche Aggiuntive mette in evidenza come ci sia una stretta correlazione tra il terroir e la complessità dei profumi e delle emozioni che poi scopriamo nel bicchiere.

Cominciamo dal nebbiolo, una delle più antiche uve coltivate in Italia; Plinio il Vecchio riferendosi ad essa parlava di nubiola, parola latina che indica nebbia, ad evocare la nebbie che avvolgono le dolci colline delle Langhe durante la vendemmia, che solitamente avviene proprio in autunno inoltrato. Importante la differenza dei terreni: disegnando una linea che divida idealmente la città di Barolo da nordovest a sudest troviamo a sinistra i terreni di origine Tortoniana (principalmente a La Morra), caratterizzati da marna calcarea, che danno vini più eleganti, profumati e pronti alla beva fin dall’inizio, mentre a destra i terreni Elveziani, meno fertili e più ricchi di arenarie, (come a Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba), che danno vini robusti, pieni, ricchi in tannini, fatti per essere attesi.

Nel nostro viaggio ci siamo concentrati sulla zona di La Morra. Qui abbiamo visitato la cantina di Dario Stroppiana che ci ha parlato del cru Bussia, appartenente da generazioni alla famiglia della moglie Stefania, attraverso il suo Barolo Bussia Riserva 2010, espressione del barolo più tradizionale, più rustico, potente e maschile, da terreno argilloso sabbioso, e il cru San Giacomo, che con il Barolo San Giacomo presenta tratti più femminili ed eleganti, anche per i terreni argilloso-calcarei che si trovano qui.

Nel pomeriggio, invece, Nicola Oberto della cantina Trediberri ci ha portati a scoprire il cru Rocche dell’Annunziata, famoso per la finezza e l’eleganza, attraverso il Barolo Rocche dell’Annunziata 2012. Dai cru Berri e Capalot, presenti nel blend rispettivamente nelle percentuali dell’80 e 20 la cantina ottiene anche il Barolo Trediberri 2012. La spiegazione dettagliata del territorio e della storia di questi luoghi che ci ha regalato Nicola, oltre al suo entusiasmo trainante, ci hanno resi consapevoli della unicità di questi vini, dove in pochi chilometri quadrati troviamo tanti vigneti e tante espressioni diverse dello stesso vino: il Barolo. L’incanto del paesaggio ha fatto il resto, lasciandoci quasi senza parole.

Il vitigno nascetta sta salendo alla ribalta come bella espressione di uva bianca piemontese, particolare perché si colloca tra l’aromaticità di un traminer e la struttura e tannicità di un vino rosso. Ce l’ha fatta conoscere Dario Stroppiana, durante il pranzo accompagnato da prodotti tipici piemontesi che ci ha offerto nella sua cantina; per ora si tratta solo di 1200 bottiglie di Langhe Nascetta 2015, affinamento in acciaio. Una bella scoperta.

Per completare il nostro viaggio non poteva mancare l’Erbaluce di Caluso nella zona del Canavese a nord di Torino, dove presso la Tenuta Roletto abbiamo trovato una bella rappresentazione delle diverse tipologie: Erbaluce di Caluso Spumante metodo Classico, Passito, Erbaluce di Caluso nei tipi Mulinè e base. Si tratta di un interessante vitigno autoctono conosciuto fin dal diciassettesimo secolo e usato per celebrare gli ospiti importanti; cresce qui su terreni di origine morenica limosi-sabbiosi, che non trattengono acqua, per cui viene coltivato con un sistema di allevamento detto a pergola canavese dove i grappoli restano coperti dalle foglie per proteggere l’uva sia dalla grandine che dal sole, che farebbe diventare l’uva rustìa, cioè arrostita, bruciata. Con le sue caratteristiche uniche di acidità e freschezza, che viene smussata nel tempo ed evolve in una maggiore sapidità, si trova una piacevolezza alla beva e una unicità che ci fa comprendere perché i vini prodotti con quest’uva siano così apprezzati anche nei mercati statunitensi, come “white crispy wines”.

L’ospitalità di Antonino Iuculano e la professionalità di Giampiero Gerbi, l’enologo che segue la tenuta, ci hanno accompagnati alla scoperta di un territorio e di un vino che merita di veramente di essere conosciuto.

Siamo tornati con il piacere di aver trascorso momenti speciali con persone che amano profondamente il loro lavoro e il loro territorio e ci hanno dedicato del tempo di qualità, che per noi è stato veramente un grande regalo.

 

Tutte le foto dell'evento all'album flickr https://www.flickr.com/photos/aisverona/albums/72157681777343985

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