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Due chiacchiere con Marco Curini

Miglior Sommelier Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG

Per diventare sommelier servono sicuramente sensi allenati, memoria e la giusta tecnica. C’è poi chi aggiunge qualcosa in più e riesce ad emergere tra gli altri, come se avesse il superpotere di spiccare il volo: Marco Curini è tra questi. Fresco vincitore del concorso Miglior Sommelier Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG 2025, Marco è un elegante blend di competenza, umiltà e passione contagiosa per il territorio dove tutto ha avuto inizio. Non vola, ma di certo sa cogliere al volo le belle storie contenute in un calice. 

A un paio di settimane dalla sua proclamazione, abbiamo fatto due chiacchiere. Con la voglia di conoscere meglio la persona dietro al professionista, si è parlato di radici, sfide e persino di un abbinamento inaspettato. Ecco com’è andata.

 

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Come si fa con i supereroi (per noi un po’ lo sei), partiamo dalle origini: come sei arrivato nel mondo del vino?

Supereroe mi sembra un po’ esagerato… diciamo che, al massimo, il mio superpotere è stato capire presto cosa volevo fare da grande! Sono cresciuto in una famiglia di ristoratori, quindi il vino era parte naturale del mio mondo. Da bambino mi divertivo a curiosare tra i libri sul vino un po’ per gioco, ma forse già con un certo intuito. Alle superiori ho scelto Enologia e, col tempo, ho capito di essere stato davvero fortunato: avevo trovato subito la mia strada. Da allora, il vino è diventato la mia vita; tra studio, scoperta e - naturalmente - tanti assaggi.

 

Sei stato subito certo che la tua carriera futura sarebbe stata in questo settore o, durante il percorso, è intervenuto qualcosa che ti ha convinto di essere sulla strada giusta?

Sin dai tempi degli studi in enologia sapevo che il mondo del vino avrebbe fatto parte della mia vita, ma non avevo ancora capito in quale direzione specifica. Dopo le superiori e un primo periodo all’università, mi sono reso conto che ciò che mi affascinava di più era la parte di scoperta e di comunicazione del vino: il racconto, l’incontro, il confronto. La svolta è arrivata con l’ingresso ad Alma per il Master Sommelier, che per me è stato un punto di partenza e di consapevolezza: lì ho capito davvero quale sarebbe stato il mio percorso. Da quel momento è iniziata la mia esperienza nella ristorazione stellata come sommelier, e in seguito tutto ha preso forma in modo naturale.

 

Fast forward a oggi: decidi di partecipare al concorso Miglior Sommelier CVPS DOCG. Com’è successo?

È successo quasi per sfida personale. Prepararsi a un concorso come questo vuol dire sicuramente studiare, ma anche mettersi in discussione e approfondire un territorio chiave della nostra regione. Ha inoltre significato confrontarsi con grandi professionisti e avere l’occasione, oggi, di essere portavoce di un territorio unico.

 

Cosa ti ha insegnato a livello personale la preparazione a questo concorso, al di là della tecnica e delle nozioni?

Mi ha insegnato che, a volte, la vera bellezza ce l’abbiamo proprio dentro casa. Nel prepararmi al concorso ho riscoperto il territorio del Conegliano Valdobbiadene con occhi nuovi: la sua complessità, la sua identità, il lavoro straordinario delle persone che lo rendono vivo ogni giorno. Spesso, presi dalla curiosità di guardare lontano, dimentichiamo di quanto valore ci sia vicino a noi. Questo percorso mi ha ricordato che conoscere a fondo le proprie radici è il modo migliore per crescere davvero, anche come professionista.

 

Le competizioni e le prove - come questo concorso, ma anche come l’esame finale per conseguire il Diploma di Sommelier - spaventano molti. C’è qualcosa che ti ripeti o fai per trasformare l’ansia in energia positiva?

L’ansia è normale, capita a tutti. Io cerco di ricordarmi che quello che sto facendo non è solo una prova da superare, ma un’opportunità per crescere e imparare. È un’occasione per apprezzare quanto siamo fortunati a poter scoprire e approfondire un mondo così bello.

 

Dentro la denominazione "Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG” c'è un vino, ma anche un territorio e una specifica identità. In che modo senti di appartenere a questo mondo e di poterlo promuovere efficacemente?

Avendo studiato enologia a Conegliano, ho sempre sentito questo territorio molto vicino, praticamente da quando ero bambino. Conegliano è da sempre la capitale culturale e di ricerca della denominazione, quindi mi ci sento naturalmente legato. Credo che conoscerne la storia, le persone e il lavoro che ci sta dietro sia il modo migliore per poterlo raccontare e promuovere con sincerità: non parlo solo di un vino, ma di un territorio vivo e di una comunità che lo rende unico.

 

Si parla spesso di terroir. Se fosse una persona, che tipo di carattere avrebbe quello delle colline di Conegliano Valdobbiadene?

Sarebbe il tipo di persona che ti sorride, ti offre un bicchiere e in un attimo ti conquista senza che nemmeno te ne accorga! È quella persona affascinante ma alla mano, trasparente e - soprattutto - che sa far star bene chiunque le stia attorno.

 

Un abbinamento gastronomico sorprendente del CVPS DOCG che hai scoperto, magari per caso, e che ora difenderesti con convinzione?

Tendenzialmente sono più portato per le versioni secche, anche per la maggior trasparenza che riservano all’espressione dei propri territori d’origine. Volendo però mettermi in gioco, proporrei la punta della denominazione, Cartizze, tradizionalmente vinificata nella versione dry, con un crostone integrale con baccalà mantecato al curry. L’aromaticità del curry, la lieve tendenza amara dei semi del crostone unita alla grassezza tipica del baccalà… assolutamente da provare!

 

Nel futuro della professione del sommelier, dove vedi le sfumature più interessanti: nella sala, nella comunicazione o nella formazione? 

Credo nella contaminazione tra questi ambiti. La sala è il cuore, la comunicazione è la voce, la formazione è l’anima. Oggi il sommelier deve saper unire tutte e tre le cose: saper accogliere, raccontare e trasmettere cultura. Le sfumature più interessanti nascono proprio quando queste competenze dialogano tra loro.

 

Dopo questo traguardo, quale curiosità professionale ti sta già stuzzicando la mente e il palato?

Sono sempre stato attratto dalla scoperta, e il vino mi affascina in tutti i suoi aspetti: dai più tecnici, grazie agli studi in enologia, a quelli comunicativi con AIS e il Master Sommelier Alma, fino all’approccio internazionale con il WSET e alle sfumature nel mondo del marketing. In questo periodo sto approfondendo proprio l’ambito del marketing con un master in Wine Business Management presso la MIB di Trieste. La mia curiosità più grande, però, si sfoga soprattutto nell’esplorazione: quest’estate ho passato tre mesi tra le migliori zone vitivinicole di Francia, Spagna e Portogallo; oggi, oltre al master in corso, il mio desiderio è continuare a conoscere e valorizzare sempre meglio il mio territorio.

 

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C’è una leggerezza consapevole nelle parole di Marco Curini: quella di chi ha imparato che il vino è una cosa seria, ma anche gioia, relazione e ricchezza da condividere. Questa conversazione ci ha dato un’idea della sua visione, ma soprattutto ci ha lasciato la sensazione che ogni risposta fosse il primo sorso di un racconto che proseguirà. Forse è questo il superpotere più autentico di un bravo sommelier.

Pubblicato: 10 novembre 2025
Autore: Michela Aru
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