Federico Cocchetto
Due grandi storie hanno incrociato le proprie peculiarità nella serata “Degustando al ristorante” del 7 febbraio: quella di un giovane opificio enoico e quella di una pluricentenaria osteria.
La giovane realtà enoica è un’azienda di circa vent’anni: lo splendido Opificio del Pinot Nero di Marco Buvoli, un garagista che realmente vive ed opera in simbiosi con i suoi vigneti, un vigneron il cui metodo di condurre non poggia su “regole” biodinamiche, ma piuttosto sul vivere la biodinamica.
La Locanda Righetto, datata 1780 e nell’800 conosciuta anche come Locanda dei Cacciatori, è situata nel cuore della Marca Trevigiana, sulle rive del Sile, a Quinto di Treviso. Da pochi mesi conosce una nuova vita grazie alla squadra di Andrea Costa, neo sommelier AIS, diventando Antica Osteria Righetto. Qui lo chef rivisita con innovativa maestria i piatti della tradizione, in primis la “bisàta”, l’anguilla.
Pinot Nero quindi, enfant terrible di Francia e del mondo, risaputamente un vitigno che, coccolandolo ed accondiscendendo alle sue bizze e capricci, può offrire uve da cui trarre autentici astri enologici sia nella versione ferma vinificata in rosso, sia nella spumantistica evoluta del metodo classico.
Gli spumanti di Marco Buvoli vengono concepiti come cuvée, a cui concorre, in quantità variabile, anche l’importante cuvée di riserva della sua prima vendemmia. Questa cuvée “madre” viene rabboccata ad ogni prelievo con una parte più fresca, determinando così una solèra di Selossiana memoria. Sarà solo la maturazione che deciderà, per ogni partita, gli anni di permanenza sui lieviti (l’unica indicazione in etichetta) e la successiva immissione in commercio. La riconoscibile originalità dei suoi prodotti è stata proposta ai commensali in due tranche: degustazione ed abbinamento.
LA DEGUSTAZIONE
“TRE” Brut magnum - sboccato in gennaio 2017
Il più giovane ed immediato, in cui le nuance di gelatina di pompelmo si fondono all’albicocca disidratata ed a fresche note balsamiche di timo. Colpisce per sapidità e lunghezza.
“Grande QUATTRO” Brut magnum - sboccato in marzo 2017
Composto da sole basi importanti, in soli 600 magnum, si fa piacere per una cremosità della carbonica che si vede e si sente. Rosmarino, limoncella, crema limone, camomilla e gesso, sono solo alcuni tra gli aromi componenti il bouquet.
“SUPER-SEI” Extra brut magnum - sboccatura 2016
Freschezza avvertibile al naso, aromi in rapida successione di zuppa inglese, banana flambè, liquore crema-limone e alloro, un turbinìo controllato da ottima verve acida e sapidità salmastra.
Pinot Nero “LIMITED EDITION” - 2009 (riserva personale, mai andato in commercio)
La chicca della serata fa parte degli unici 150 magnum prodotti per un’annata, allora, dichiarata disastrosa. Ma il brutto anatroccolo è diventato un cigno: al naso l’impatto è il binomio violetta-fragola matura, ma sorprende anche per alcune note dolci. In bocca sbilancia il degustatore per il tannino già polimerizzato cui fa eco una grande freschezza e la quasi assenza di terziari. Unanime l’impressione per una maturazione ancora in divenire e una piacevolezza assolutamente borgognona.
L’ABBINAMENTO
Antipasto composto da:
è risultato davvero ben riuscito nell’intento di proporre il fiume nel piatto, esaltando le differenze delle tre preparazioni ed allo stesso tempo cogliendone i punti di raccordo.
Qui il “ROSÉ TRE” Brut, presentando una veste rosa-ramato, si è rivelato vero vino da pasto, capace di avvolgere la complessità del piatto proposto con i propri profumi di crema di cassis, ananas, mango, passion fruit ed una freschezza mai doma.
Ci limitiamo nel definire sorprendente la “Carbonara di fiume”, autentica sorpresa culinaria in cui la sostituzione della pancetta con cubetti di anguilla affumicata ha colpito positivamente gli ospiti e fatto da contraltare ad uno ottimo “Pas dosé CINQUE”. Uno spumante dotato di grande ricchezza espressiva: biscotteria anice/mandorla, burro, lievito in panetto, liquore di rosa e salmastro, sono confluiti nel cavo orale con freschezza tesa e nervosa, agilità balsamica e lunghezza mentolata con refoli di lampone.
Dulcis in fundo con “Tarte-tatin al mandarino”, in cui la freschezza agrumata ha letteralmente modificato l’impronta palatale di fine serata.
All’“OTTO” Brut è stato dato l’incarico di calare il sipario. Un incarico che si è rivelato impossibile, data la ricchezza di sensazioni ed emozioni che è stato in grado di regalarci: impatto olfattivo di cognac, uva sultanina sotto spirito, datteri, babà al rum, fieno secco, camomilla, mix di canditi, note iodate ed una soave fetta di diplomatica. In bocca la “solita” grande freschezza racchiude tutto, la bolla cremosa sparge ad ogni recettore palatale note di limone e zucchero, mandarino, distillato di pera, burro e zucchero, l’importante lunghezza parla di agrume candito e rum agricole.