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Dalla redazione
venerdì 18 febbraio 2022

Malvasia e frittelle

tradizione veneziana

Luigi Lago


LUCIETTA Siora madre.

MARGARITA Fia mia.

LUCIETTA Deboto xè fenìo carneval

MARGARITA Cossa diseu, che bei spassi, che avemo abuo ?

LUCIETTA De diana! gnanca una strazza de commedia no avemo visto.

 

Si apre così una delle più belle commedie di Carlo Goldoni ,"I rusteghi", andata in scena a Venezia nel 1760 al teatro San Luca proprio durante il Carnevale. Il dialogo tra la giovane Lucietta e la madre Margarita si adatta incredibilmente a questo Carnevale 2022. Infatti tante manifestazioni legate a questo periodo di pandemia sono state cancellate; siamo ancora in balia di norme e regolamenti, che purtroppo ci complicano la vita.

Abbiamo comunque ancora qualcosa di importante per "avere qualche bel spasso" e sono le tradizioni culinarie, con cui possiamo divertirci riproponendo magari qualche vecchia ricetta della nonna . Carnevale va di pari passo con le frittelle: non tutti sanno che a Venezia erano autorizzati a farle in esclusiva solo settanta "fritoleri". Una corporazione vera e propria, che tramandava di padre in figlio "l’arte di far la fritola". Non si trattava di un dolce qualsiasi: le frittelle erano il dolce per eccellenza della Serenissima, e talmente apprezzate che nel 1700 furono elette a dolce nazionale dello Stato Veneto. Vestiti con un grembiule bianco, i fritoleri friggevano e vendevano le fritole all’aperto, utilizzando delle grandi padelle che appoggiavano sui tripodi, e un vaso buchellerato per cospargerle di zucchero. Un famoso dipinto di Pietro Longhi, conservato a Ca’Rezzonico , museo del Settecento Veneziano, è proprio dedicato ad una "Venditrice di fritole": ritrae un nobile che acquista le fritole da regalare a due belle fanciulle. Grazie a questo quadro sappiamo che le frittelle venivano infilzate in uno spiedo e si mangiavano calde.

Tornando ai giorni nostri, quale vino abbinare alle famose frittelle? A Venezia si sceglieva la Malvasia e la scelta vale ancora oggi. La Malvasia ha un legame unico con la città di Venezia; basti pensare che a due passi da Piazza San Marco troviamo la Calle de la Malvasia, nel sestiere di San Marco c’è il ponte de la Malvasia Vecchia, senza contare il Sottoportico della Malvasia e i bar che a Venezia si chiamavano malvasie. Si tratta di un vino dall’aroma delicato, con sentori di fiori bianchi, agrumi e un accenno di mela verde. Il vino Malvasia arriva a Venezia dalla Grecia, precisamente dall’isola roccaforte di Monenmvasia, la cui contrazione del nome da parte dei Veneziani ha portato al conosciuto Malvasia. Il nome greco della città significa “un solo accesso”, dato che una sola porta consentiva, in passato, di entrare nella rocca. La prima nave veneziana attraccò da quelle parti nel 1247 e ottenne, grazie ai suoi mercanti, l’esclusiva per vendere il vino in tutta Europa.

A Venezia erano venduti tre tipi di Malvasia: dolce, tonda e garba. La malvasia dolce non era molto amata dai veneziani e proprio per questo era venduta per lo più ai cosiddetti "foresti", cioè a chi veniva da fuori città. La malvasia cosiddetta tonda era considerata, come la precedente poco saporita, mentre quella garba era la preferita dai cittadini di Venezia, che consideravano un vero e proprio toccasana per il corpo e per lo spirito, un ottimo rimedio per ogni male. Proprio vicino a Campo Santa Maria Formosa c'è una calle denominata "Calle del Remedio", che prendeva il nome dalla Malvasia, che si trovava da quelle parti e dove si vendeva il "rimedio" preferito dai veneziani. Nei paraggi di questa calle, infatti, si trovano la Calle e il Ponte della Malvasia sempre dedicati alla bottega che si trovava lì in passato.

Con il passare dei secoli le malvasie si sono moltiplicate e si sono cominciate a produrre un po’ ovunque tra Grecia e Italia.

Dalla Malvasia di Candia, secca e aromatica, a quella istriana, passando per la Malvasia del Lazio e quella di Bosa, la malvasia di Cagliari e la Malvasia delle Lipari, quella di Brindisi e l’altra di Casorzo d’Asti, la Malvasia del Chianti e quella della Basilicata.

Come sempre concludo con un cin-cin alla salute e anche alla grande tradizione del Carnevale.

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