Dalla redazione
lunedì 13 dicembre 2021

Orange night - gala di autunno


Michele Manca

 

Lo scorso 28 ottobre è andata in scena la serata “Orange Night”, il Gala d’Autunno organizzato dalla Delegazione AIS di Rovigo, ed è stato un grande successo.

Chi vi ha partecipato, non solo ne è uscito con la consapevolezza di aver sbirciato oltre la siepe - o forse è meglio dire oltre la vigna - affacciandosi a un mondo ancora affrontato da pochi e da maneggiare con cautela, ma anche convinto che la frase “Orange is the happiest color” non è più solo di Frank Sinatra, perché quei vini macerati, abbinati all’abilità culinaria del ristorante Alicanto, hanno davvero divertito e sorpreso.

Incredibile la versatilità dimostrata negli abbinamenti, ma ciò che rapisce è la gamma cromatica, che va dall’oro antico al topazio brillante, e che in qualche modo rinvia il momento dell’assaggio, perché - come sempre - anche l’occhio vuole la sua parte.

 

Ha aperto le danze il vino di punta dell’azienda Lunarossavini - Fiano Quartara - Colli di Salerno IGT 2018, i primi a tentare di macerare in quartare il Fiano e la sua buccia spessa, il che si traduce nel calice con note citrine e floreali, e tè e miele.

Sulle colline di Imola, il vino di Tre Monti - Vitalba - Romagna DOCG Albana Secco 2020 è prodotto da un vigneto di Albana piantato nell’89, che macera per tre mesi in anfora, e poi sorprende per sensazioni esotiche ed eccezionale bevibilità.

Il terzo sorso è dedicato a Simone Ghelli, con Castellari Isola del Giglio - Ansonica Calzo della Vigna - Toscana IGT 2017, che prende potenza e sapidità dal suolo granitico e dal vento del mare. Ghelli produce vini coltivando l’ansonica in piccoli terrazzamenti “come quelli di una volta” sul mare, in un’isola dall’antica tradizione di macerati.

Ma era d’obbligo fare un salto in Friuli, da Skerk - Ograde - Venezia Giulia IGT 2019, che con le varietà autoctone ci sa davvero fare, e tra malvasia istriana, vitovska, e sauvignon, ci offre una bella lettura del clima battuto dalla sferzante Bora e della struttura calcareo carsica del territorio. Al naso riconosciamo albicocca e resina seguiti da pepe, melissa e camomilla; il è sorso pieno, vellutato ed avvolgente.

Quasi in conclusione una piccola finestra su Damijan Podversic con il suo Nekaj - Bianco IGT 2017, lui che abbandona la modernità e si concentra sul frutto". - tale Nekaj, per gli amici Tocai, e dal 2008 per il mondo “Friulano” – sfruttando gli attacchi di muffa nobile, che compone il 90% di questo nettare.

Per ultimo, ma non per importanza, ecco il maestro di Podversic: Gravner - Ribolla Gialla - Venezia Giulia IGT 2013, vino che macera 5 mesi e che poi è talmente paziente da attendere 6 anni in legno prima di regalare quasi un passito al naso ed una esplosione organolettica al palato, dotato di acidità penetrante e tannino setoso.

Sembra una novità la riscoperta - perché è di questo che si è trattato - da quando un contadino rivoluzionario di successo, è tornato dalla California ed ha abbracciato Madre Natura e tutte le sue naturali evoluzioni.

Ha fatto perciò marcia indietro dall’uso massiccio delle tecnologie, riscoprendo le tecniche georgiane di oltre 5000 anni fa, perché non si deve barare, è necessaria la sincerità.

I vini devono rispecchiare il territorio, e se poi soddisfano anche le esigenze di mercato, tanto meglio. L’Italia, tramite questo vignaiolo, si è fatta porta bandiera della rinascita dei vini bianchi, quelli “skin contact”, che riposano con lunghe macerazioni sulle bucce nelle enormi Qvevri in terracotta, temporaneamente abbandonate durante il regime sovietico in cui tutto era fatto segretamente, e poi patrimonio dell’Unesco dal 2013.

Avrete ormai capito che si sta parlando di Josko Gravner. Egli è sinonimo di Oslavia, “Brda” o come si dice in Italia, “Collio”, dove ogni curva apre un panorama diverso e fantastico.

Anforati georgiani quindi, riscritti in chiave attuale con un effetto contagioso e di risonanza mondiale, tanto che si è ricominciato a produrli anche nella stessa Georgia.

Dinamici: la sola parola che può riassumere in modo corretto queste perle d’ambra italiane; bucce coriacee la cui macerazione dona un carattere rosso a vini dall’anima bianca.

Luminosi e brillanti, del colore dell’autunno con profumi che virano dagli agrumi ai canditi, dalla frutta secca alla camomilla fino al cacao.

Quasi passiti al naso, ma che in bocca si trasformano: dinamici, dall’indole fatta di lame fresche verticali e tannini gradevoli ed avvolgenti. E quando pensi di aver capito, tutto cambia di nuovo al variare della temperatura.

Un evento che ha puntato il faro su produttori coraggiosi, che sacrificano le rese e si concentrano sulle bacche prima che sul vino, perché poi il resto vien da sè…e ne esce qualcosa di spettacolare, che volendo semplifica pure il lavoro del sommelier, perché come dice Gravner: “Quando un vino è buono, non serve l'abbinamento…puoi fare quello che vuoi!"

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