Wine Experience
Dalla redazione
lunedì 8 novembre 2021

Tra jazz e calici, passando per Vicenza


Massimo Soccol

 

 

Passeggiare con un calice di buon vino tra le mani, ascoltare musica jazz al calar della sera, ammirando uno splendido chiostro del tredicesimo secolo, può sembrare una scena da film… ma non per chi ha visitato l’undicesima edizione del Gustus Vicenza.

Quest’anno l’annuale appuntamento di degustazione vicentina si è svolto nel Conservatorio di Musica “Arrigo Pedrollo”: un antico monastero edificato nel 1264, restaurato completamente a fine 1400, per poi essere abbandonato e convertito in Istituto di Alta Formazione Musicale; un luogo magico, che ha visto il trascorrere dei secoli con trasformazioni e cambiamenti. Mutazioni che lo hanno trasformato fino a diventare quello  che possiamo ammirare di questi tempi. Una storia simile si potrebbe raccontare sui calici versati e degustati nelle due splendide serate di sabato 23 e domenica 24 ottobre: bicchieri ricolmi di storia, che parte dalla vigna, accudita e coccolata dai produttori; storia che va via via maturando dal riposo sui graspi, dal massaggio gentile delle botti, dal passare dei mesi e degli anni. Ed infine storia che va ad affinarsi nella bottiglia, ben conservata nell’oscurità della cantina, a temperatura costante, con paziente attesa.

Oltre cento etichette sono state presentate ai fortunati che hanno partecipato all’edizione di quest’anno; ben venticinque selezionati produttori hanno portato il meglio delle loro cantine. Hanno stappato, versato e raccontato l’incanto del loro vino.

Racconti che parlano della rossa terra del territorio berico, delle dolci colline di Gambellara e dei monti Lessini.

Storie di passione, che mescita dopo mescita hanno intrattenuto i degustatori, cullandoli tra racconti di vendemmie tardive per accrescere la qualità del raccolto, vicende di enologi, che si sono sfidati sperimentando col Carménère, e aneddoti sul miglior taglio o la miglior beva.

E sotto i portici affollati le stelle illuminavano la serata, mentre gli allievi del conservatorio regalavano un sottofondo musicale e nel perdurare di questa magia, all’interno delle rigorose sale dell’ex-monastero si sono svolte ben due masterclass. Sabato si sono confrontate due precise identità: il taglio e la purezza; domenica invece si è dibattuto tra il calcare e il basalto per comprendere e amare più in profondità i bianchi vicentini.

Appuntamenti interessantissimi, in un contorno di splendidi calici di tai rosso o garganega, tra sauvignon in purezza e tagli a base di cabernet, merlot e carménère.

Tra un sorso e l’altro, tra una nota di pianoforte e un tocco di sassofono, i degustatori sono passati dalle bollicine pungenti di un durello metodo classico, alla morbidezza di un merlot berico, planando dolcemente sul locale Recioto o sull’internazionale syrah.

In lontananza, a fine serata, osservando bene, con lo sfumare della musica sembra di scorgere ancora una coppia di innamorati, che si perdono l’uno nell’altra con un calice di Vin Santo di Gambellara tra le mani.

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