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Dalla redazione
giovedì 8 marzo 2018

L’Alto Piemonte: la rinascita di un grande passato

La nobiltà del nebbiolo nell’Alto Piemonte

Vanessa Olivo


Giovedì 22 febbraio, con la grande competenza di Francesca Penzo, miglior sommelier del Veneto 2017, e la presenza di alcuni dei più importanti produttori di diverse denominazioni dell’Alto Piemonte, più di 120 sommelier hanno potuto addentrarsi tra le diverse sfumature del nebbiolo in un territorio unico al mondo che sta conoscendo un periodo di forte rinascita dopo un lungo passato di dimenticanza.

La storia di questa terra ha origini molto antiche, circa 300 milioni di anni fa, quando ivi esisteva un grande complesso vulcanico che, in epoca più recente, sotto l’azione dei movimenti della crosta terrestre determinanti poi la formazione delle Alpi, si è rivoltato proprio in corrispondenza di quella che è oggi la Valsesia portandone in superficie il sistema di alimentazione e le sue parti profonde più nascoste. In prossimità di questa enorme caldera dell’antichissimo supervulcano fossile del Sesia, i terreni sono ricchi di scheletro, con poca terra, sabbie e ghiaie, che poggiano su di un substrato di porfidi e graniti, generato da remote eruzioni vulcaniche. Queste terre possiedono un ph elevato e una notevole presenza di sostanze minerali, in primis potassio, ferro e manganese, oltre alla totale assenza di calcare, condizioni che si sono rivelate particolarmente favorevoli alla viticoltura. Inoltre, la vicinanza del Monte Rosa assicura la protezione delle viti dai venti freddi del nord d’inverno ed escursioni termiche giornaliere estive che preservano le componenti aromatiche dell’uva. 

Nell’Ottocento questa regione era di riferimento per la produzione di Nebbiolo di indiscutibile finezza e longevità, le colline erano rivestite di vigneti che coprivano quasi 40.000 ettari; oltre al contributo negativo della filossera che li ha decimati a fine secolo, vi è stato però l’abbandono dell’area nel secondo dopoguerra a seguito dell’espansione industriale. Negli ultimi decenni l’Alto Piemonte ha vissuto una rinascita, date le grandi potenzialità del territorio che vede come vitigno principe il nebbiolo, fattor comune di tutte le DOCG e DOC della zona e da sempre considerato un “vitigno difficile” essendo il primo a fiorire e germogliare ma l’ultimo a maturare dando luogo a vendemmie molto tardive, che qui arrivano tranquillamente anche a novembre.

Nel corso della degustazione sono intervenuti i produttori, Cinzia Travaglini e la figlia Alessia per Travaglini, Alberto Arlunno per Antichi Vigneti di Cantalupo, Christoph Kunzli per Le Piane e Luca De Marchi per Proprietà Sperino, i quali hanno raccontato le caratteristiche del territorio specifico, la storia e le tradizioni della loro azienda.

Il primo vino, Gattinara Riserva Travaglini 2012, nasce da una selezione di uve delle migliori partizioni del vigneto dove si trovano vigne di almeno 45 anni ed è il vino più rappresentativo di questa storica azienda arrivata ormai alla quarta generazione. Rotea sinuoso nel calice sfoggiando un vivace rosso granato di buona trasparenza. L’olfatto viene pervaso da sentori di mora, ciliegia, prugna, liquirizia, una lieve nota ferrosa e una mineralità che racconta il territorio. Al palato il tannino è ben integrato, il sorso è insieme avvolgente e voluttuoso, ma anche graffiante. Lunga persistenza che torna tra le note di un frutto rosso succoso e la liquirizia.

Nel secondo calice troviamo il Ghemme Collis Breclemae Antichi Vigneti di Cantalupo 2010, figlio di un’altra storica realtà vinicola che vide la sua prima annata nel 1979, dal colore rosso granato di una sfumatura più cupa rispetto al precedente. All’olfatto il frutto è meno vivido, si va su sentori di mora e prugna, radice di liquirizia, china, rabarbaro, balsamicità. Esplode di freschezza al palato e la mineralità è più fluida. Tannino evoluto e mai invadente.

Il terzo campione racchiude nel calice un esponente della denominazione Boca, che ha rischiato di morire passando da un’estensione di circa 10.000 ettari all’inizio del secolo scorso, fino a contare qualche decina oggi. Se si confrontano le foto aeree di questi due periodi si nota come da colline coperte di vigneti, ci si ritrova oggi ad avere qualche vigneto a ridosso dell’area boschiva che nel corso degli anni si è espansa in questa zona. Grazie a persone come lo svizzero Christoph Kunzli le poche vigne rimaste non sono state espiantate e sono tornate all’antico splendore. Il suo Boca Le Piane 2012, dove oltre al nebbiolo vi è un apporto del 15% di vespolina, mostra un colore carico, luminoso e vivace, con accenni tra il rosso rubino e il granato. L’olfatto racconta il territorio, evoca profumi di arancia rossa sanguinella, acida e piena, mineralità, pepe bianco, note scure di tabacco, balsamico. Elegante al palato, vivace e longevo, equilibrato. Sorso che nel finale richiama l’agrume e una scia pepata e minerale.

Il quarto calice, Lessona Proprietà Sperino 2012, brilla di un bel rosso granato, esordisce all’olfatto con un frutto rosso vivo, succoso e scattante, per continuare su sentori scuri di china, roccia, nota ematica e ferrosa, oltre a percezioni mentolate. Al palato freschezza e mineralità sono ben legate tra loro, il tannino è setoso, notevole persistenza. Anche l’azienda Proprietà Sperino, abbandonata dalla famiglia De Marchi negli anni Settanta, gode oggi di una rinascita grazie a Luca De Marchi che ha creduto nelle potenzialità della storica azienda vinicola di famiglia nel Castello di Lessona.

Sono stati poi serviti alla cieca gli stessi vini per l’annata 2005, con lo scopo di provare a riconoscerli attraverso i loro sentori più caratteristici. Il momento ha destato non poche esitazioni in sala, in ordine vi erano: Lessona Proprietà Sperino 2005, riconoscibile per l’elegante mineralità ferrosa, Gattinara Riserva Travaglini 2005 con l’inconfondibile nota di liquirizia pura, Ghemme Breclemae Antichi Vigneti di Cantalupo 2005 con evidenti sentori di china e rabarbaro e Boca Le Piane 2005 in cui prevale nettamente la speziatura pepata.

 

[foto di Bruno Bellato]

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