Wine Experience
Dalla redazione
lunedì 1 aprile 2019

Tignanello: classe ed eleganza nel passare degli anni

Quattro annate tra le più rappresentative per comprendere un vino che ha fatto la storia

Vanessa Olivo


Una serata esclusiva su più fronti, non solo perché ha visto come protagonista uno dei vini italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo, ma soprattutto per la possibilità di confrontarsi con l’esperienza e la competenza di Stefano Carpaneto, direttore ed enologo della Tenuta Tignanello – Marchesi Antinori, attraverso la lettura di 4 annate tra le più rappresentative con una magistrale degustazione a cura di Ottavio Venditto, vincitore, fra i tanti titoli, del Master del Sangiovese.

Il Tignanello è nato con l’annata 1970, figlio di un uvaggio che prevedeva 75% di sangiovese, 20% di canaiolo e 5% di trebbiano e malvasia. Il nome “Chianti Classico Riserva Vigneto Tignanello” rappresentò una circostanza insolita all’epoca tant’è che fu il primo Chianti Classico a riportare in etichetta il vitigno di produzione. A partire dall’annata 1971 è diventato vino da tavola di Toscana ed è stato chiamato semplicemente Tignanello e dall’annata 1975 sono state escluse le uve bianche. Si può dire che il Tignanello raffigura un vino dai tanti primati: è stato il primo Sangiovese ad essere affinato in barrique, tra i primi vini rossi nel Chianti a non usare uve bianche e a venire assemblato con varietà non tradizionali quali il cabernet sauvignon e franc, il vino precursore del fenomeno dei vini supertuscan, nonché uno dei primi vini italiani a ottenere tanti riconoscimenti a livello internazionale. Figlio dell’intuizione e della lungimiranza del Marchese Piero Antinori, nel suo percorso di crescita e sperimentazioni ha incontrato personalità del calibro di Giacomo Tachis, Luigi Veronelli, Giorgio Pinchiorri e Sirio Maccioni.

Tenuta Tignanello si trova nel cuore del Chianti Classico, adagiata sulle morbide colline racchiuse tra le valli della Greve e della Pesa, dove custodisce il vigneto Tignanello di circa 57 ettari e il vigneto Solaia di 20 ettari. Il suolo è roccioso calcareo con roccia di alberese e galestro e proprio per questa composizione le vigne godono di giorni caldi e notti fresche durante la stagione della crescita, nonché di un efficace sistema di drenaggio naturale.

Una particolare attenzione va alla parcellizzazione del vigneto cui segue una vinificazione separata delle uve in 24 serbatoi troncoconici con l’obiettivo di massimizzare la qualità. I diversi lotti vengono assemblati solo pochi mesi prima dell’imbottigliamento, cui segue un anno di riposo prima dell’immissione nel mercato.

La prima annata che ci ha introdotti nel mondo del Tignanello è stata la 2015, climaticamente regolare e considerata una delle migliori per potenzialità in prospettiva futura. Il calice sfoggia uno splendido rosso rubino, trasparente sul bordo ma molto compatto centralmente. Roteandolo si può osservare una vera e propria danza che ne preannuncia il carattere esuberante. All’olfatto è intenso, fruttato di prugna e visciola in maturazione, una nota balsamica di mentuccia e un accenno di speziatura di noce moscata. Al palato l’approccio è vibrante, freschezza importante che si lega con un tannino vigoroso, il tutto accompagnato da una piacevole avvolgenza con una scia sapida nel finale. In via retrolfattiva tornano la prugna e la visciola, insieme al tocco agrumato della buccia di arancia.

Il secondo calice racchiude il frutto di un’annata difficile, la 2013 caratterizzata da un andamento climatico irregolare. Colore compatto e leggermente più cupo del precedente. L’impatto olfattivo è più timido, il frutto ha raggiunto la maturazione, la spezia è più incisiva e si manifesta con un tocco di pepe e paprika, la nota agrumata vira verso il chinotto, il sentore balsamico è sempre presente riportando non più alla menta ma al pino e all’eucalipto. Al palato trasmette meno potenza del precedente ma regala maggiore persistenza. Non è un vino immediato, intriga nel suo scoprirsi lentamente, la carica tannica è più importante del precedente ma ben integrata con la parte alcolica, la freschezza e la sapidità, in una sinergia in cui tutto risulta minuziosamente bilanciato. Il finale riporta a una nota amaricante di china. Meno esuberante del precedente ma più accattivante.

La terza è un’annata solare, la 2009, dove il colore manifesta i segni dell’evoluzione nei suoi riflessi granati. Avvicinando il calice si ritrova una nota balsamica che ricorda il cioccolatino after eight, la prugna è ormai matura e si percepiscono tabacco toscano, fieno, liquirizia, chiodo di garofano e in chiusura un sentore affumicato. L’approccio al palato è di estrema finezza, il tannino è nobile, l’acidità integrata, la mineralità vira su un aspetto ferroso ed ematico, sorso morbido e avvolgente. Un millesimo che rappresenta il connubio tra potenza e eleganza.

Nell’ultimo calice troviamo il figlio di un’annata fredda e piovosa, la 2005, caratterizzata da una vendemmia difficile e da una conseguente maniacale selezione delle uve. Il colore è denso ma a dispetto degli anni dimostra ancora vivacità cromatica. Si percepiscono profumi di sottobosco, amaro cynar, cuoio, polvere di caffè, tamarindo e l’anima balsamica questa volta si manifesta con un tocco di resina. Al palato si avvertono un tannino domato e un’acidità ancora sferzante, cui si aggiunge una nota ferrosa ematica più evidente del campione precedente, il tutto all’insegna di un equilibrio ricercato che non si scompone con il passare degli anni. Nel finale tornano i sentori di radice e caffè.

In conclusione della degustazione è stata servita una saporita lasagna alla bolognese dalla cucina del Ristorante Alla Crosarona di Scorzè che ci ha ospitati per questa memorabile serata.

 

[foto di Bruno Bellato]

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