Francesco Mancini
Dunque, dove eravamo rimasti? Il 21 ottobre scorso la delegazione di Belluno ha riabbracciato i suoi soci al ristorante Nogherazza dopo 602 giorni di attesa per un evento. La serata della ripartenza, nel rispetto di tutte le normative anti-covid vigenti, ci ha portato in centro Italia, per la precisione a Velletri, piccolo centro a 30 km dalla capitale Roma.
A condurre la serata il Professor Böner, archeologo tedesco con la passione per il vino (di qualità), nonché proprietario dell'azienda laziale Omina Romana.
Già il nome scelto per l’azienda ha il suo perché. Partiamo da Romana; data la vicinanza con Roma è facile da capire: richiamare l’antico splendore imperiale, quando al culmine del suo dominio sul mondo allora conosciuto, la zona di Velletri era citata dai poeti come uno dei principali nodi di approvvigionamento dei migliori vini per imperatori e nobili romani. “Ômina” è meno intuitivo, ma ci sta: il termine latino, che strizza ancora l’occhio agli antichi, vuol dire presagi. Che saranno buoni si capisce ascoltando il professor Bonen: un misto di passione italica, sposata ad un pragmatismo e ad un’organizzazione di stampo marcatamente teutonici.
Il colpo di fulmine per queste morbide colline laziali alle porte di Roma scocca nel 2007. L'obiettivo è chiaro e mai nascosto dal Professore: produrre vini di altissima qualità in questo territorio. Prima però, ecco che torna la praticità tedesca; Bonen ha fatto svolgere delle ricerche approfondite sul terroir, il clima e la possibilità di poter effettivamente dare forma al proprio sogno di produrre vini di prim'ordine.
L'Università di Firenze e quella tedesca di Monaco di Baviera hanno fornito risultati incoraggianti su tutti gli 82 ettari,rilevando terreni di cui è evidente l'origine vulcanica: si alternano sabbia e ciottoli, argille e un microclima unico.
Si riparte da zero. Via i vitigni presenti in quel momento; vengono piantati i vitigni più adatti a dare i migliori risultati: dall'autoctono cesanese, agli internazionali chardonnay, merlot, cabernet-franc.
Böner parla della sua azienda come di un figlio che sta crescendo. La meticolosità e scrupolosità teutoniche fanno sì che nulla sia lasciato al caso: ogni piantina è registrata, e vengono annotate le statistiche e criticità di ogni vite e di ogni stagione, dal clima alla piovosità.
Arriviamo al clou per tirare le somme: la degustazione. Sette calici, tre bianchi e quattro rossi ci sorprendono favorevolmente. Ritroviamo chiari gli intenti del produttore tedesco: ricerca di qualità e identità. Il filo conduttore che si nota in tutti è sicuramente la grande eleganza che ogni vino, seppure in base alle sue caratteristiche, vuole esprimere. Lo Chardonnay 2019, per esempio, in una degustazione alla cieca potrebbe essere tranquillamente accostato ad un vino del Collio, tanta è la freschezza e la mineralità che esprime.
In tutti gli assaggi si percepisce il grande influsso che il terroir e il clima imprimono al prodotto:struttura,ottima sapidità e una freschezza che tiene teso il sorso. Ogni calice,d'altra parte, mantiene una propria personalità data dal vitigno, sapientemente curato e coccolato in vigna, e dalla lavorazione delle uve.
Il professor Böner ci tiene a sottolineare l’importanza del lavoro svolto in vigna, ancor prima che in cantina. La vendemmia di ogni particella, ad esempio, è svolta solo nelle 48 ore di maturazione fenolica perfetta delle viti interessate. Per fare questo il personale non può essere stagionale o impreparato, e dunque all’Omina Romana tutti quelli che lavorano in vigna fanno parte dell’azienda.
La scommessa tedesca di questo professore di archeologia, nata dal passato, sta mettendo le basi per il futuro. Anche noi ci scommettiamo.
Vini in degustazione:
Hermes Diactoros - 2019
Chardonnay - 2019
Chardonnay - linea Arsmagna - 2015
Diana Nemorensis - 2017
Cesanese - 2015
Merlot - 2013
Cabernet Franc - linea Arsmagna - 2015