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Dalla redazione
lunedì 20 dicembre 2021

Un insolito pranzo di Natale in famiglia

Fabio Poli


Gli intrecci di relazioni esistono in tutti i mondi e non fa eccezione quello dei vignaioli, ma è cosa più unica che rara trovare una così alta concentrazione di riconoscimenti in una “famiglia allargata” che unisce tre aziende vitivinicole del Veneto, Suavia, Masari e Case Paolin. Una curiosità che merita di essere raccontata.


Il 1982 è l’anno di nascita di Suavia. Giovanni e Rosetta Tessari iniziano a vinificare le proprie uve a Fittà, nell’alta zona classica del Soave, a circa 350 m. s.l.m. Poche case immerse in un mare di vigneti e loro non devono dimenticare il latte fresco al supermercato, viste le quattro figlie ancora piccole: Arianna, Meri, Valentina e Alessandra.

Si dedicano esclusivamente alla garganega e al trebbiano di Soave. Il terroir vulcanico dà in ogni vino sensazioni fresche e mentolate e dunque, dal 2000, specificano in etichetta che il Soave Classico Monte Carbonare (4 Rosoni e premio Ducato) è di sola garganega. Valentina, dopo la scuola media si iscrive a San Michele all’Adige (Tn) per il diploma di enotecnico, scelta coraggiosa, lontano da casa e in un ambiente essenzialmente maschile. Rotto il ghiaccio, continuerà il suo percorso a Milano con la laurea in enologia. Sarà questa esperienza e l’incontro con il Prof. Attilio Scienza, l’Indiana Jones delle stirpi dei vitigni, che darà origine al Massifitti, prodotto da selezione clonale di antiche viti di trebbiano di Soave. 


Inizia così un trend di valorizzazione di questa varietà autoctona, storicamente relegata a un ruolo di secondo piano, con altre aziende che seguono l’esempio. Nel prossimo futuro i Soave targati Suavia e prodotti delle UGA, Castellaro, Tremenalto e Fittà saranno di sola garganega e in acciaio: scelte decise di una conduzione al femminile, per la valorizzazione del territorio.
Masari è l’acronimo che unisce i nomi di Massimo Dal Lago e Arianna Tessari. S’incontrano alla fine degli anni Novanta, quando Arianna sta lavorando da Giuseppe Quintarelli e Massimo da Fausto Maculan, dopo la laurea in enologia a Milano, un Master a Bordeaux ed esperienze in Francia e Napa Valley. Partono con un ettaro in affitto nella Valle dell’Agno, incuneata a nord sotto i Monti Lessini, a 350 - 450 m. s.l.m., ma ben protetta dai venti. La prima etichetta è il rosso Masari.

Poi altre sfide: puntare al riesling con l’Agnobianco e alla durella con il Leon. La Valle è il luogo di nascita di Massimo ma la sua famiglia, a differenza di quella di Arianna, non si è mai occupata di agricoltura. La viticoltura lì c’è sempre stata, senza però destare particolare interesse e raggiungere picchi qualitativi. O meglio, fino a prima del loro arrivo. il Montepulgo 2013 è il Miglior Rosso da Invecchiamento (Premio Fero) per la guida Vinetia 2021, e di questo bordolese solo tre annate sono state prodotte nell’ultimo decennio. Pure il resto della produzione è incentrato sulla ricerca della qualità assoluta e senza compromessi. Anche il passito Doro non scherza.
Nessuna difficoltà per la conduzione biologica visto che i vigneti sono immersi nelle macchie boschive, dove le vigne sono profondamente legate a Massimo e Arianna. 


Le origini di Case Paolin, azienda ai piedi del Montello e guidata dai tre fratelli Pozzobon, risalgono al 1713. Da allora e fino alla metà del ‘900 l’agricoltura spaziava dagli ortaggi ai bachi da seta, all’allevamento, e solo dagli anni ’60-‘70 è partita un’accelerazione sul fronte vitivinicolo. Sono 15 gli ettari, ma per il tempo che la conduzione bio richiede, è come fossero il doppio. La produzione è legata al Prosecco e il loro Col Fondo 2018, 4 Rosoni nell’edizione 2021, è il migliore tra gli ancestrali, un vino la cui produzione, iniziata già negli anni ’80, era stata sospesa per accontentare un importante cliente di Cortina, stanco di dover scaraffare le bottiglie. Ripreso recentemente, lieviti indigeni e malolattica in bottiglia, è un piccolo capolavoro di matematica, viste le difficoltà della gestione di questa vivace tipologia. Un amore per le bollicine mai totalizzante, viste anche le soddisfazioni con il Manzoni Bianco e soprattutto con i bordolesi: il Rosso del Milio (dedicato al papà recentemente scomparso) e il San Carlo che nel millesimo 2017 è il miglior Rosso del Veneto, con il Premio Fero. A questi si aggiunge il Premio Ducato per il rapporto qualità prezzo.
Il contributo di Mirco, enologo di casa formatosi alla scuola dello scomparso Prof. Ferrarini e con una lunga esperienza in importanti realtà veronesi, ha fatto la sua parte. Galeotto fu l’incontro tra lui e Valentina Tessari durante una visita  organizzata da Assoenologi in Borgogna, nel 2005: hanno messo su famiglia, srotolando il filo rosso che unisce una famiglia allargata in tre province del vino: Verona, Vicenza e Treviso.

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