Carnet di viaggio
Dalla redazione
sabato 9 maggio 2020

Calice&Penna

Cronistoria di una passione

Federica Spadotto


Calice & Penna è la nuova rubrica di AIS Veneto dove pubblichiamo i contributi dei nostri soci. Se ti piace scrivere e vuoi cimentarti con un racconto su un vino che ti ha colpito, su un viaggio o su una tua personale wine experience, contattaci su [email protected] e riceverai indicazioni sul format richiesto. La redazione provvederà alla selezione per la pubblicazione. 

 

La scoperta di sapori, profumi ed emozioni legate al vino non ha età, come racconta l’inizio della mia personale avventura nel mondo della degustazione

 

Tra gli ingredienti che compongono uno dei miei ricordi più cari c’è un vino, o meglio, uno champagne.

Non avevo né l’età né qualsivoglia esperienza per poterlo comprendere ed apprezzare come probabilmente si meritava, ma proprio grazie ad una bottiglia con l’inconfondibile etichetta devo l’inizio del mio viaggio nel mondo dell’enogastronomia.

Avevo circa dieci anni e, lo confesso, non ero del tutto digiuna in materia, poiché la mia curiosità mi aveva fatto talvolta assaggiare, di nascosto, dal bicchiere che mio padre era solito versarsi qualche ora prima di alcune cene conviviali, allorché, stappata la bottiglia prescelta, lo faceva ossigenare per gustarlo al meglio. Nessuno di quegli assaggi aveva mosso una particella della mia attività sensoriale, conducendomi all’opinione che si trattasse di una bevanda rossa dal gusto forte, nulla di più.

Soltanto durante un pomeriggio di luglio, in qualche angolo di campagna francese, in un castello circondato da un grande parco, con stalle e scuderie, la “faccenda vino” avrebbe preso una piega completamente diversa, quasi magica, come lo sanno essere soltanto i ricordi.

Eravamo a caccia di orologi a pendolo comtoise, che mio padre ricercava con la brama che contraddistingue il collezionista e dovevamo incontrare un suo omologo francese per contrattare un esemplare particolarmente raro. Durante il tragitto pensavo mi aspettasse una lunga seduta da bella statuina su di una poltrona, ad ascoltare conversazioni per nulla interessanti senza alcun diversivo, come in molte altre occasioni, quindi il mio entusiasmo bilanciava perfettamente l’euforia di papà.

Con mia immensa gioia, aperto il grande cancello in ferro battuto, ci corse incontro un alano arlecchino che non mancò di abbracciarmi, facendomi quasi cadere. Dopo la calorosa accoglienza giunse lento ed un po’ claudicante il padrone di casa, vestito di bianco con un papillon rosso ed un cappello panama, monsieur Perdrix.

“Hai conquistato Paul, non l’ho mai visto così affettuoso con un estraneo”, mi disse.

Fu il pretesto per allontanarmi dalla tediosa trattativa e trascorrere con il mio nuovo amico, scorazzando per la proprietà, un bel po’ di tempo. Sfiancata dalla corsa e dal caldo, mi sedetti sulla gradinata d’ingresso allo château, da cui sentivo le voci dei miei genitori e dell’ospite. Decisi di entrare, avevo bisogno di una bibita, quindi mi avvicinai a mia madre per chiederla.

“Proprio al momento giusto”, disse monsieur Perdrix vedendomi entrare. Sul tavolino faceva sfoggio di sé, all’interno di un secchiello del ghiaccio, una bottiglia con il collo avvolto da una carta dorata.

Era il momento dell’aperitivo giornaliero, a base di champagne.

Il padrone di casa tolse la gabbietta e con prudenza il tappo, per poi riempire i bicchieri. Tutt’intorno, ritratti di famiglia ed una grande veduta urbana settecentesca, da cui non riuscivo a distogliere lo sguardo, come immersa nel più bello dei sogni.

Si assentò un momento ritornando con un flute che mi porse, versandomi una minima quantità sotto lo sguardo raggelato di mia madre. “E’ troppo piccola”, sono sicura che lo stava gridando dentro di sé, ma non se la sentiva di sottolinearlo davanti all’anziano signore. Per fortuna.

Presi il bicchiere tra le mani quasi emozionata: vedevo risalire le catenelle dal fondo e lo interpretavo come un evento straordinario, enfatizzato dalla tonalità di giallo brillante mai vista prima. Non saprei descrivere il sapore: lo sentii pungente, a tratti aspro, comunque indimenticabile.

Era il sapore della felicità, del mio primo, vero assaggio, di una vita ricchissima di emozioni che si andava delineando davanti a me, complessa, variegata e pervasa da inebrianti sfumature, proprio come sanno essere i vini migliori.

Poco importava se la trattativa non andò in porto; da quel momento era iniziata la mia passione per la pittura, che è diventata la mia vita, ed il cammino verso le future esperienze di degustazione.

Anche i miei genitori avevano colto il valore di quell’esperienza ed eravamo tutti consci di aver vissuto un perfetto momento di felicità che nulla avrebbe potuto incrinare. Eccetto, forse, lo sguardo del mio nuovo amico a quattro zampe, che si vedeva strappare una compagna di gioco, dispensatrice di prolungate carezze.

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